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Maria Elena Boschi smascherata: eresie sulla Tatcher e l'immunità

Andrea Tempestini
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Fiera delle sue bugie su chi vuole l'immunità per quel simpatico dopolavoro di amministratori locali renziani in cui intendono trasformare quel che altrove si chiama Camera Alta, House of Lords, Senate ricordando l'antica Roma. Non paga di essere stata nettamente sputtanata dalla sua collega di partito, Anna Finocchiaro, che ha categoricamente spiegato che «l'esecutivo ha vistato due volte i nostri emendamenti, compreso quello sull'immunità. Conosceva il testo, sapeva tutto. Ha fatto una scelta», Maria Elena Boschi, dall'alto del tacco 12 ormai in fase di beatificazione perché lo indossano le vergini guerriere del Partito Democratico, osa, e dico osa, nominare il nome di Margaret Thatcher invano. Non si rende conto la ragazza che a sputare su Maggie la Grande si rivela l'inganno e la menzogna del renzismo, il suo presunto e millantato legame con il riformismo, la sua ispirazione direttamente derivata da Tony Blair, uno che alla Tatcher tutto doveva, e lo diceva senza infingimenti. Non si rende conto la ragazza che hai voglia di fare la secchiona e la saputa, hai voglia ad essere miracolata perché inner circle, intima di corte, dama con il diritto di sgabello; se cominci a spararle troppo grosse, prima o poi qualcuno la voce che sei pericolosa, che fai le battute da bar, che non conosci la storia, che non ti ricordi la sottile ipocrisia del parlare in pubblico, la passa, e non ti possono più esibire come la madonnina che spiega ai media il nuovo che avanza. Se invece è autorizzata a strizzare l'occhio così volgarmente alle ossessioni della sinistra, Thatcher, Reagan, fino al Cav, invece del nuovo che avanza si ritroverà a illustrare la vecchia ipocrisia, il cattocomunismo, il cerchiobottismo da offrire alla festa dell'Unità, che secondo il parere della sottoscritta è la vera natura del progetto di Matteo Renzi. Magari quelli che si sentono liberali ma li hanno votati, capiscono e rinsaviscono. La frase blasfema è la seguente: «La Thatcher è il nostro paradigma negativo», perché «non possiamo fare a meno della società civile e dei corpi intermedi, ma abbiamo chiesto loro uno sforzo: di non essere burocratizzati o autoreferenziali. Anche da parte dei sindacati ci sono state risposte positive». Studi, Boschi, studi, lei che è una cooptata di ferro apprenda che la Signora di Ferro è stata un leader, una guida, nel senso autentico del termine, ovvero qualcuno che è capace di scelte difficili ed impopolari, perché non devia dalla sua visione lucida del futuro, perché è certa di essere tutt'uno con gli interessi del proprio Paese. È stata la personalità politica britannica più influente dell'ultimo secolo, resta un faro del quale sentiamo la mancanza anche in questo secolo. Winston Churchill resistette ad Hitler, le idee della Thatcher hanno conquistato il mondo dopo essere state tanto duramente osteggiate e combattute. Ha letteralmente capovolto il declino del Regno Unito, che era iniziato all'indomani della vittoria del 1945 ed era culminato nell'umiliazione del prestito richiesto nel 1976 da Londra al Fondo Monetario Internazionale. Prese la Gran Bretagna che era considerata il grande malato d'Europa, quando il 22 novembre 1990, una congiura di partito ordita dal suo grigio rivale interno, Michael Heseltine, la costrinse a passare la mano al suo cancelliere dello scacchiere, John Major, il Tesoro britannico vantava attivi di bilancio che gli permettevano di rimborsare ingenti parti del debito pubblico della nazione. Ci penserà il Labour a dissipare il patrimonio, ma questa è un'altra storia. Studi, Boschi, studi, suggerisca lettura attenta anche al suo capo. Margaret Thatcher, che veniva dalla piccola borghesia, un padre commerciante innamorato della politica, nutriva una fiducia incondizionata nelle virtù del mercato e nelle potenzialità del settore privato. La ricostruzione del Regno Unito che seppe promuovere partì però dalla riaffermazione del primato etico della responsabilità individuale. I suoi fini erano radicali e rivoluzionari, ma fu capace di gradualità. Iniziò a risanare l'economia britannica ponendo un argine alla creazione di circolante, riducendo le tasse sul reddito, elevando quelle indirette. Seguì la deregulation, che permise a Londra ed alla finanza della City di recuperare una centralità che sembrava persa. I suoi primi anni di governo furono tremendi, chiusero aziende vetuste, furono gettati i semi di una riconversione produttiva gigantesca. Nel 1982 la guerra delle isole Falkland fu decisiva nel restituire agli inglesi la fiducia in se stessi. Quel successo permise alla Thatcher di proseguire sulla via delle riforme, in particolare con le privatizzazioni, che dilatarono enormemente il numero dei cittadini britannici possessori di azioni. «Capitalismo popolare» lo chiamava lei, che voleva fare degli inglesi una nazione di proprietari ed imprenditori. Studi, Boschi, studi. La parte più attuale, e ahinoi utile per salvarsi dal servilismo italiota, dell'azione politica della Lady di Ferro, è quella della polemica con l'Europa, perché le argomentazioni con le quali la signora primo ministro giustificava il proprio euro-scetticismo si sono dimostrate profetiche. Nel suo ultimo volume - Statecraft, «l'arte di governare», pubblicato nel 2002, dedicato al presidente Reagan, la Thatcher spiega in modo provocatorio e fulmineo che le modalità di creazione della divisa unica contenevano le ragioni profonde di future fratture; che quelle scelte inique avrebbero enfatizzato le contrapposizioni tra gli europei, altro che Unione. «I want my money back», chi non lo direbbe oggi pensando alla Merkel? Dimenticavo, Boschi, il suo capo non lo direbbe mai, è inginocchio, proprio come Monti e Letta. di Maria Giovanna Maglie

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