Le bischerate del Rottamatore
Anche sulla faccenda della casa Renzi sostiene tutto e il suo contrario: la pagavano altri, lui aveva la residenza lì però dice di non averci abitato. A qualcuno ha mentito: agli elettori o agli uffici del Comune che amministrava?
La lettrice Patrizia Stella mi scrive: «Premesso che sono sempre stata di destra, mi spiega l'accanimento sulla casa di Renzi? Vogliamo abbattere il premier a tutti i costi? E finito lui cosa ci rimane? Non mi dica le elezioni perché non possiamo votare con questo sistema. Provi a lasciarlo fare, magari qualcosa di buono ne uscirà. Il ragazzo ha una grandissima ambizione, ma anche tanto entusiasmo. Se poi c'è del marcio, verrà fuori molto presto. Non si presti ad accanirsi a tutti i costi come è stato fatto sempre dall'altra parte contro Berlusconi». Non so quanti fra i lettori di Libero la pensino come la signora Patrizia. A giudicare dalle lettere pochi, anzi pochissimi. Ciò nonostante, per eliminare il sospetto che io sia prevenuto nei confronti dell'ex sindaco di Firenze o che voglia far provare a lui ciò che altri hanno fatto provare al leader del centrodestra, provo a spiegarmi. Prima cosa: come ho già scritto altre volte, Renzi mi è simpatico. Ha quell'aria un po' guascona dei ragazzi che hanno fretta di arrivare e pensano che chi c'era prima di loro non abbia capito niente. Il che, ai miei occhi, non è necessariamente un male: vuol dire che è ambizioso e freme dalla voglia di essere messo alla prova. Finora i risultati gli hanno dato ragione. In dieci anni è passato da sconosciuto segretario provinciale della Margherita a presidente del consiglio della Repubblica italiana: non poco. Fossimo in America lo eleggerebbero subito a simbolo del sogno a stelle e strisce: anche partendo dal gradino più basso, chiunque può arrivare a quello più alto. L'umana simpatia che ho per il presidente del consiglio e anche la comprensione che suscitano in me certi atteggiamenti un po' bulleschi non mi impediscono però di vederne i difetti. Che non consistono tanto nel voler conquistare il potere a tutti i costi, né nell'eccesso di banalizzazione con cui affronta ogni volta i problemi. No, il difetto principale è la tendenza a raccontare balle. Intendiamoci: una modica quantità di menzogne è connaturata all'attività politica. Uno, se vuol far carriera, non può dire la verità. Raccontasse i fatti per come stanno, gli elettori scapperebbero scontenti di averli sentiti. Ciò detto, Renzi le spara spesso grosse. Che motivo aveva una settimana prima di licenziare Letta di rassicurarlo lanciando l'hashtag #enricostaisereno? Che bisogno c'era di scrivere in un libro che non si sarebbe mai candidato alla segreteria del Pd, quando già si preparava a farlo? Gli indiani d'America parlerebbero di lingua biforcuta, di certo non si sa mai qual è il Renzi vero. Sarà quello che si è presentato in Parlamento a dire che il vincolo del 3 per cento è anacronistico o sarà quell'altro che ha rassicurato la Merkel e l'Europa dicendo che non sfonderà il deficit? La copia farlocca sarà quella che a «Porta a porta» minacciava di tagliare le pensioni che non fossero alla fame oppure quella che sempre a «Porta a porta», ma qualche tempo dopo, negava di volerle toccare? Io capisco che Renzi vada di fretta e spesso non abbia tempo di riflettere su quel che dice, ma mettersi d'accordo con se stesso non sarebbe meglio? E qui veniamo al «caso della casa». In sé la faccenda non è nulla di eclatante, anche perché sulle case, come abbiamo visto, scivolano tutti. Cosa c'è di non chiaro nella vicenda che lo riguarda? Il rapporto con il cerchio magico che lo circonda. Nulla di illegale, sia chiaro. O, per lo meno, nulla che possa fare dubitare che si sia violata la legalità. E però c'è uno strano ricorrere di nomi, di incarichi pubblici e di affari, tutto senza troppa trasparenza. Anzi, come molta confusione di ruoli e di interessi in conflitto. A Renzi chiediamo solo di contarla giusta, di dirci come stanno le cose. E non di metterci una pezza, perché spesso il tacon è peggio del buso, come dicono i veneti. Un esempio? Nei giorni scorsi Libero ha scoperto che per quasi tre anni un suo amico nonché manager nominato in varie aziende pubbliche gli ha pagato la casa. È opportuno, chiediamo? Lui che fa? Prima tace, sperando che la buriana si plachi, poi, quando proprio non può più stare zitto perché la Procura ha aperto un fascicolo dedicato al caso, fa scrivere un comunicato per dire che quella non era la sua casa ma la casa di Marco Carrai e che lui vi ha dormito solo occasionalmente. Occasionalmente? Ma se in via degli Alfani tutti lo ricordano (e guarda caso non ricordano Carrai), come può dire di esserci stato di rado? E poi, in una casa dove per caso mi è capitato di dormire un paio di notti, io ci trasferisco la residenza? Ma come fa a sostenere che quella era da anni l'abitazione di Carrai se Carrai risiede altrove e ha sottoscritto il contratto di affitto di via Alfani due settimane dopo che lo stesso Renzi vi aveva preso la residenza? Ripetiamo: Carrai affitta l'appartamento quando il sindaco vi va ad abitare e dà disdetta quando Matteo si ritrasferisce a Pontassieve, cioè il giorno dopo che qualcuno ha fatto domande su quell'appartamento e il suo inquilino. Dichiarare che si è residenti in un posto quando non lo si è (così ha fatto dire giovedì sera il presidente del consiglio) forse non sarà reato ma non è neanche una bella cosa, perché si dice una bugia a un pubblico ufficiale. E allora, come la mettiamo? Il sindaco ha contato balle al suo delegato che doveva accertare l'effettiva residenza? Via, non si fa così, soprattutto se si è premier. E non si fa così neanche con i contributi pubblici, accettando un'assunzione da dirigente quando si sa già che il dirigente non lo si farà mai perché dopo due giorni si accetterà la proposta di fare il presidente della Provincia, costringendo quest'ultima a pagare i contributi da dirigente. Vede, cara Patrizia: io non ce l'ho con Renzi per partito preso. È Renzi che prende le cantonate. Anzi, che dice bischerate. di Maurizio Belpietro