Enzo Caldarelli racconta in un docufilm quando il benessere degenera e diventa un male
“Le piaghe del vivere presente”, quando i malefici sono benefici degenerati. Questo è il titolo del nuovo lavoro di Enzo Caldarelli, creativo visionario con un grande progetto: raccontare i risvolti negativi che si nascondono dietro ai progressi della nostra civiltà. Caldarelli ci propone un'analisi della società contemporanea e un viaggio attraverso il bello e il giusto, attraverso ciò che ci fa del bene e ciò che invece ci danneggia. La sua idea nasce da una riflessione ampia, che coinvolge diversi luoghi e culture (e numerose collaborazioni) e che si è trasformata in un tour itinerante in varie città del mondo: Londra, Barcellona, Parigi, Monaco di Baviera, New York, Ginevra, Atene e Singapore diventano il palcoscenico delle sue proiezioni ed esibizioni artistiche. Gli abbiamo chiesto di parlarci del suo progetto. “Le piaghe del vivere presente”, quando i malefici sono benefici degenerati è il risultato di una lunga riflessione sulla società contemporanea. Ci racconti come è nato? Il documentario è partorito dal progetto culturale no profit EticaEstetica, contenitore madre che raccoglie saggi sul decoro come ponte tra l'etica e l'estetica e sullo stile che è il punto di ritrovo d'ambedue. A nostro parere l'estetica che si beffa dell'etica è pura cosmesi, fatua apparenza, dannata bellezza. E l'etica che volta le spalle all'estetica è cupa e triste, punitiva e deforme. Approfondendo poi i contenuti dell'incontro tra il bello e il giusto, sosteniamo che il buon gusto giova al buon comportamento nella vita, e viceversa. Si passa poi agli atti col docufilm e un making of artistico realizzato con il contributo di personalità della cultura e delle arti varie, e con rappresentazioni del grande fotografo Jaume de Laiguana. Il docufilm è focalizzato su ossessioni della nostra società, sviluppato in tematiche. Quali sono queste tematiche? Il filo conduttore dei nostri argomenti è vedere il rovescio della medaglia, far riflettere su confini molto sottili tra i benefici e i malefici, e gli uni possono degenerare negli altri quando viene meno l'armonia della coppia etica/estetica. Molte conquiste del presente sono sconfitte per la salute, benefici che si capovolgono in malefici. La videodipendenza, in versione da asporto e interattiva, preziosa finestra sul mondo, gonfia gli occhi, atrofizza il cuore, spegne il cervello. Il telefonino fa compagnia a chi è solo e isola chi è in compagnia, riducendo le orecchie a discarica abusiva di loquacità superflue e nocive come scorie radioattive. L'abuso di farmaci diventa sempre più spesso un mezzo di trasporto da una malattia all'altra perché curano un male facendone insorgere un altro, ammiccando al loro originario significato di veleni. I trucchi e il lifting devastano nel tempo i corpi che promisero di abbellire, ricacciando la bruttezza dentro, come lordura sotto il tappeto delle apparenze, e raddoppiando la vecchiaia poi, quando la plastica si deformerà. I cattivi cibi industriali separati dalla realtà naturale non ti nutrono ma si nutrono di te; ti illudi di mangiare, in realtà vieni mangiato dai loro veleni. E il denaro, sempre più astratto e sempre più tiranno, misura di tutte le cose visibili e invisibili, esso stesso divenuto invisibile, come un dio. Ma noi siamo uomini e non codici fiscali, siamo anime e corpi, non codici a barre e carte di credito. Molte delle cose citate sono e restano anche preziose, utili, vantaggiose; ma diventano nocive quando si separano dalla loro reale funzione, o peggio quando ci separano dalla realtà, ci chiudono al mondo e alla vita, proprio mentre ci illudono di aprirci. Ci riducono a droni, automi con limitate capacità decisionali che possono essere comandati anche a distanza, persino a nostra insaputa. Sembrano fatte per allungarci la vita e invece ci uccidono con sistema rateale. Tu hai lavorato con moltissime personalità del mondo della cultura, tra cui anche uno dei collaboratori di Libero, Gianluigi Nuzzi. Qual è stato il suo intervento nel progetto? Gianluigi ha concesso un prezioso contributo al progetto EticaEstetica. Nel making of Nuzzi argomenta con la sua impeccabile verve il vissuto empatico del nostro quotidiano nell'era della multimedialità. Soffermiamoci sul tema della comunicazione e della tecnologia. Nel documentario sono presenti alcuni spot molto interessanti su questi temi. Inoltre tu parli di “eccessi da computer e telefonino”, cosa intendi dire? Segnalo le tesi concepite nel documentario: “E vissero infelici e connessi. La videodipendenza gonfia gli occhi, atrofizza il cuore e spegne il cervello” e “Il telefonino fa compagnia a chi è solo, isola chi è in compagnia. Tele-patia: l'orecchio non è una discarica abusiva di chiacchiere no stop”. L'intero percorso del docufilm ha lo scopo di suscitare un senso critico che ti permetta di cavalcare la tigre della modernità senza esserne sopraffatto, e di capire, discernere, la soglia in cui alcuni vantaggi si traducono in danni e alcune conquiste diventano perdite. In che modo secondo te lo sviluppo della comunicazione e della tecnologia negli ultimi anni ha cambiato le nostre vite? In modo drastico. Tra noi e la realtà si è ormai interposto un medium ingombrante che non si limita a far da ponte ma che è diventato un mondo a sé. Un film uscito in questo giorni (la pellicola è Her n.d.r.) mostra come un sistema operativo possa suscitare più amore, più dialogo, più intesa di una persona vera. Il vostro progetto è di stampo internazionale: quale città o cultura ti ha ispirato maggiormente la riflessione sui media? Inevitabilmente New York, ma i luoghi che più intrigano sono a mio parere in Estremo Oriente e travalicano le condizioni sociali, passando da Tokio all'India. E quale Paese secondo te ha l'approccio migliore nei confronti della tecnologia? Non credo che si possa ragionare per paesi, semmai per culture o per civiltà, persino per religioni. Il cristianesimo fu sempre considerato il retroterra indispensabile con la civiltà greca e romana del progresso tecnico-scientifico, ma oggi le civiltà forgiate dal buddismo e in parte dal taoismo e dall'induismo sembrano metabolizzare meglio i contraccolpi della tecnica.