La cucina molecolare italiana: scienza e tradizione al servizio del gusto
La cucina molecolare italiana, fondata su uno studio rigoroso dei fenomeni fisici e chimici alla base delle preparazioni culinarie, non rinnega le tradizioni ma le sublima. Grazie a tecniche innovative come la gelificazione, l’uso dell’azoto liquido e la microfiltrazione, si ottengono piatti in cui sapore, texture e aroma raggiungono la perfezione. Questa disciplina consente di comprendere scientificamente ogni passaggio, trasformando anche ricette iconiche come la carbonara in esperienze culinarie consapevoli. È un'arte che unisce conoscenza e creatività, aprendo nuove prospettive senza compromessi sulla qualità. Ettore Bocchia, chef di grande fama e fondatore della cucina molecolare italiana, ci spiega tecniche e segreti di questa raffinata cucina.
Lei è il fondatore della cucina molecolare italiana. Ci vuole spiegare in cosa consiste questa cucina?
Lo studio e la pratica della cucina molecolare consente di essere consapevoli di quello che accade durante l’esecuzione di una ricetta sia dal punto di vista macroscopico che microscopico. A titolo di esempio, riuscire a darsi e dare una chiave di lettura scientifica anche nell’esecuzione di una "semplice - per così dire - carbonara".
Quali sono i principali strumenti e attrezzature utilizzati nella cucina molecolare?
Il più utile strumento tra tutti, oggi di uso comune tra i professionisti ma anche nelle cucine domestiche, è la sonda per le temperature.
Come la reazione di Maillard influisce sui sapori e gli aromi dei cibi durante la cottura, e quali sono i migliori metodi per ottimizzarla nelle varie preparazioni culinarie?
Louis Camille Maillard è il chimico che ha studiato per primo questo fenomeno che avviene nella cottura degli alimenti conosciuto appunto come “reazione di Maillard”. Si tratta del cambiamento sostanziale di un prodotto quando viene cotto e portato ad una temperatura superiore ai 155°: oltrepassando questa temperatura conferiamo texture e gusto agli alimenti che stiamo lavorando.
Può spiegare il processo di sferificazione e come lo applica nei suoi piatti?
Dopo lo studio sull’agar agar – un gelificante naturale derivato da alghe rosse - si arrivò a far gocciolare un liquido in una soluzione satura di questa alga. Al contatto con la soluzione si forma una pellicola esterna attorno alla goccia che ti permette di lasciare il prodotto liquido all’interno. È una tecnica che non utilizzo perché trovo questa pellicola percepibile all’assaggio.
Come si utilizza l’azoto liquido nella cucina molecolare e quali sono i suoi vantaggi?
L’azoto liquido mi permette di cambiare i parametri texturali con l’enorme velocità di raffreddamento.
Era impensabile prima del suo avvento in cucina l’idea di presentare dessert freddi fuori e caldi all’interno che ribaltavano completamente l’approccio degustativo, partendo dal presupposto che la temperatura di degustazione deve essere di 5° superiore alla temperatura corporea per far si che la bocca rimanga sempre in assetto perfetto: questa è stata una grande rivoluzione. Ad esempio nella lavorazione delle mousse: immergendole nell’azoto si vengono a creare crosticine sottili che svaniscono in bocca. Questa tecnica mantiene inalterato il gusto dei prodotti utilizzati.
Può descrivere la tecnica del gel di alginato e in quali piatti la utilizza?
Non applico ai miei piatti questa tecnica perché cambia il gusto dei prodotti, ma in sintesi si aggiunge alginato ad un liquido o ad una massa ricca di acqua, e la si passa poi nel cloruro di calcio.
Quali sono le differenze tra emulsioni e sospensioni nella preparazione degli alimenti?
Le emulsioni sono composte da due liquidi di peso specifico differenti. È importante la temperatura. Se frullati rimangono stabilmente compatti, ad esempio la maionese, e questo è semplice.
Le sospensioni che metto nei miei piatti invece hanno vita breve utilizzando ad esempio i legumi, soprattutto le bucce dei cereali come ceci e piselli che contengono tante proteine. Se invece aggiungi un tensioattivo come la lecitina sicuramente acquisiscono stabilità: oggi ci sono lecitine così sottili che non cambiano il gusto dei prodotti. La lecitina è un prodotto assolutamente salutare per l’organismo. Nei primi lavori esisteva solo la lecitina granulare, quindi maionesi calde, pasta o impasti di pasticceria, valorizzando i gusti primari – soprattutto l’acidità – per tenere sempre la bocca ben sgrssata.
Come gestisce la texturizzazione degli alimenti usando idrocolloidi come agar-agar e carragenina?
La gestione dei gelificanti – in particolare questi che sono del tutto naturali estratti dalle alghe – funziona in base ai prodotti che usi. Se sono di altissima qualità non è sempre necessario codificare le dosi e le proporzioni.
Quindi per avere un risultato costante il consiglio è di usare sempre lo stesso prodotto, ad esempio quando parliamo di frutta fresca è necessario avvalersi di un rifrattometro per avere sempre gli stessi gradi brix (ecco un altro strumento molto importante).
In che modo il pH influisce sulle reazioni chimiche durante la preparazione dei piatti molecolari?
Se pensiamo al caffe oppure alla lievitazione della pizza o alla stabilizzazione delle proteine del bianco d’uovo la durezza dell’acqua è fondamentale per avere sempre la stessa struttura. Per questo bilancio sempre le mie preparazioni, ad esempio quando vado all’estero, con l’acqua in bottiglia. Se usi l’acqua di una certa marca in Cina ti guardano di buon occhio e il risultato è assicurato, così non c’è bisogno di scervellarsi per trovare la strada.
Quali tecniche utilizza per controllare la temperatura esatta durante la cottura sous-vide?
Si mette in forno a vapore e si imposta la temperatura in base al punto di colorazione desiderati.
È importante soprattutto considerare il taglio scelto: il tempo e qualche grado di più o di meno faranno la differenza.
È una tecnica che uso per i grandi numeri, non è una cottura che amo perché uniforma a livello texturale tutti i tipi di carni e tende - almeno secondo me - a togliere l’anima ai miei super prodotti.
Come impiega gli enzimi nella modifica delle texture e dei sapori degli alimenti?
Cerco di essere più comprensibile possibile: gli enzimi sono delle proteine che servono nella panificazione e agiscono sulla lievitazione creando degli impasti uniformi con alveoli direi perfetti. Quando standardizzi un impasto con gli stessi ingredienti e gli stessi prodotti mettendo l’enzima, e ce ne sono di vari tipi, usando quello corretto per l’utilizzo che ne devi fare la riuscita del lavoro - a meno che non incorriamo in imprevisti - è certa.
A me NON piace utilizzare enzimi: gli impasti rimangono sì morbidi ma quando mangi il prodotto finito tecnicamente si forma una “palla” e il gusto è come di farina cruda, non solubile, quasi impossibile masticarla e quindi va deglutita così com’è. In un secondo tempo quindi risulterà di assoluta difficoltà alla digestione con la sensazione di quando diciamo "mi è rimasto sullo stomaco"
Ad esempio nei miei panettoni di Ferragosto o nelle colombe di Pasqua non usiamo gli enzimi, esaltando al massimo i prodotti e le materie prime che utilizziamo nell’impasto.
Risulteranno leggermente più compatti ma di assoluta solubilità, con uno spettro aromatico più ampio dato che non si avverte quel gusto amaro di farina cruda. Ogni singolo ingrediente di alto livello sarà esaltato al massimo, assolutamente digeribile e leggero.
Ovviamente il tempo di vita di un prodotto senza gli enzimi è molto più breve.
Quali sono i principali additivi alimentari usati nella cucina molecolare e quali effetti producono?
Non ho idea, non utilizzo nessun additivo sintetico.
Può spiegare il concetto di "modificazione strutturale" negli alimenti e come lo applica?
Non modifico strutture.
Le creo con la conoscenza approfondita dei prodotti che utilizzo ed agisco tramite equazione matematica con prove su prove per giungere alla struttura che avevo pensato.
Non sempre si vince, ma sono convinto che se continui a migliorare il tuo bagaglio culturale l’obbiettivo si raggiunga sempre, un passo alla volta.
Quello che dico da sempre ai miei colleghi più giovani in cucina è che il cervello è come un muscolo e va allenato.
La mia strada è basata sulla fisica degli alimenti senza scorciatoie “chimiche”, anche se è importnatissimo sapere.
Come si produce un gel caldo e quali sono le applicazioni culinarie di questa tecnica?
Prima di rispondere alla domanda va premesso che i gel sono considerati “materia soffice”.
Il Professor Gillese de Gennes viene insignito del premio nobel nel 1991 in fisica ed è la persona che ha catalogato le strutture soffici.
Il lavoro che ho fatto con il professor Cassi è stato quello di studiare approfonditamente gli amidi dai quali, essendo conduttori di aromi, con l’aggiunta di puré vegetali possiamo ottenere delle consistenze che si chiamano gel.
Ad esempio i miei gnocchi molecolari alla zucca, ai piselli, al sedano rapa, al finocchio e altro, non contengono glutine, tenendo conto che nella gelificazione non si possono superare determinate temperature per evitare che si cristallizzino.
Oggi si sono studiati gel di varie densità in base all’utilizzo che se ne vuole fare: si usano alghe o gelificanti derivanti da vegetali che aggiunti a vari liquidi prendono differenti consistenze o densità: questi composti vengono catalogati tra i gel.
In che modo la microfiltrazione viene utilizzata per migliorare la purezza degli ingredienti?
L’evoluzione della tecnica e dell’innovazione in cucina porta a utilizzare setacci o macchinari di filtrazione in base al risultato desiderato, per esempio i gel, ma in questo caso non usiamo gelificanti: la terminologia microfiltrazione è data dalla misura in micron del filtro utilizzato per un liquido.
In passato, fino agli anni 2000, avevamo i setacci, i passini o una stola di lino: anche in questo caso c’è stata una importante evoluzione tecnica.
Quali sono le considerazioni di sicurezza alimentare specifiche per la cucina molecolare?
La sicurezza alimentare non si applica alla cucina molecolare, perché dato che anche quando si cuoce uno spaghetto al pomodoro si fa cucina molecolare, se si conoscono gli stati della materia utilizzata e ne comprendiamo e conosciamo i passaggi per esaltare al massimo i grandi ingredienti che si usano non incorriamo in inconvenienti.
La cucina molecolare italiana con gli studi, le nuove tecniche che abbiamo scritto non può e non vuole cambiare le nostre ricette tradizionali, ma ha reso oggettivo l’approccio ai piatti e non empirico, e ha traghettato e ampliato il linguaggio della cucina che prima era ancora fermo alla fine dell’800, anche perché un piatto per essere “tradizionale” rimane un esperimento ben riuscito.
Oggi la cucina molecolare, quella vera, è più viva che mai e sono diventate di prassi comune tecniche e terminologie che usiamo quotidianamente, anche se in molti casi con scarsa consapevolezza della loro origine.