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Propaganda Live, Andrea Pennacchi: la parabola del super-terrone

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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I terroni. “Il peso maggiore sono i terroni. Gli abbiamo sommersi di rifiuti chimici in Campania e pensavamo di esserceli tolti, invece con le radiazioni abbiamo creato una nuova razza di terroni cromati invincibili: gli X Terrons”.

Quando, a Propaganda Live su La7, ascolto i ribollenti monologhi teatrali (come il suddetto) del Poiana, ovvero di Andrea Pennacchi strepitoso attore teatrale padovano prestato alla satira di costume, vengo lacerato da due sentimenti contrapposti. Il primo è che essendo io veneto con ascendenza terronica e rappresentando i monologhi di Pennacchi operai e piccoli imprenditori immersi nella rabbia e in un vaporoso razzismo inalato dalle falde del profondo nord est; be’, io dovrei incazzarmi come una bestia. Io dovrei protestare, invocare Salvini, infilare nel mirino d’un’immaginaria carabina el Poiana, mentre costui muove le sue sopracciglia a ritmo di brugola e sussurra impunito: “Mio nonno Astore ha fatto la marcia su Roma. Fino a Rovigo. Poi è tornato su che si era rotto le palle di stare in mezzo ai terroni”, o “par merito di un barbastrello che in una grotta gha morsegà un porseo che al mercato mio padre mangiò cruo (per merito di un pipistrello che ha morso un maiale mangiato crudo) abbiamo ottenuto l’autonomia che tanto volevano. Però pensavo meglio, ‘sta autonomia”. Di prim’acchito, in effetti penso a quanto sia stronzo Pennacchi. Certo su Youtube farà anche 7 milioni di visualizzazioni, ma racconta un Veneto di parte, di sinistra e fuori dalla mia geopolitica.

Subito dopo, però, raffreddo l’istinto e mi lascio invadere da curiosità sociologica. E leggo le interviste di Pennacchi sul Poiana (“Capisco la rabbia, la furia, e la analizzo”); e avverto quanto adori visceralmente la sua terra e i suoi piccoli eroi. E mi rendo conto che conosce il teatro del Ruzante e il Signore e signori di Germi e i personaggi allegramente senza morale di Toffolo e Balasso. E allora ri-osservo in controluce quei dialoghi che, in realtà, non condannano ma interpretano un'inqueitudine  atavica. Quella che monta nei secoli da una regione, il mio Veneto, spesso negletta e abbandonata dai governi di ogni latitudine. E alla fine rido, e penso: “Diobòn, uto vedar che el Poiana el ga rason?”. Vuoi vedere che la maschera non ha tutti i torti?...

 

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