Ma sei procure sul carroccio non sono troppe?
di Maurizio Belpietro
Bonifico dopo bonifico, la vicenda che ha affondato i vertici della Lega appare per quel che è: una brutta storia. Soldi che escono dalle casse del partito con una facilità estrema per finire con altrettanta semplicità in quelle appartenenti ad alcuni membri della famiglia Bossi e dei loro famigli. Sapevamo che la Lega era un movimento fatto in casa, ma non pensavamo a tal punto. Una gestione dei soldi così naïf da spacciare le multe per eccesso di velocità collezionate da Renzo Bossi per spese di finanziamento dell'attività politica. E da registrare come propaganda il naso nuovo di uno dei figli del boss o le lauree di Rosi Mauro come formazione dei quadri del partito. Ciò detto, possiamo dire che sei procure alle calcagna dei figli e dei seguaci di Alberto da Giussano ci paiono un po' troppe? Fin dal principio ci aveva stupito che per la vicenda in cui era finito il tesoriere leghista si fossero mobilitate ben tre sedi giudiziarie. Oltre a quella di Reggio Calabria, infatti avevano sguinzagliato i propri segugi anche Milano e Napoli, al punto che il giorno della perquisizione il pm Henry Woodcock si era fatto una passeggiata in via Bellerio, a godersi la rivincita di un napoletano contro chi dipinge il Sud come la patria del magna magna. Ma ora che si sono aperti nuovi filoni d'indagine, con ipotesi di reato che coinvolgono anche i pesci piccoli del movimento, ecco spuntare altri pm. In totale le toghe impegnate a far chiarezza nella gestione in camicia verde sarebbero una decina. Oltre a quelli delle tre città già segnalate vi sarebbero anche i magistrati di Bologna, Reggio Emilia e Genova. Siamo certi che, se stuzzicati sulla competenza territoriale delle indagini avviate, ogni procuratore saprà fornire adeguata motivazione per aver avviato l'inchiesta. Ognuno di loro sosterrà di avere buone ragioni per trattenere il fascicolo e in punta di diritto probabilmente sarebbe difficile dar loro torto. Ma siamo sicuri che tutto il dispiego di mezzi sia proprio necessario? Siamo cioè certi che non si potessero concentrare le diverse piste in una sola? Intendiamoci: non abbiamo alcuna intenzione di dar corpo a strane teorie di complotto ai danni della Lega e del suo fondatore. Semplicemente ci limitiamo a segnalare un dispiego di mezzi che forse meriterebbero altre ben più pericolose cause. Alcuni leghisti ne avranno anche approfittato, allungando troppo facilmente la mani nella cassa del partito, che – come è bene ricordare – è alimentata dai quattrini pubblici. Ma fino a prova contraria la Lega non è un'associazione a delinquere, né un'organizzazione malavitosa. Considerazione che viene spontanea soprattutto quando si nota che altre vicende di malversazione politica non hanno suscitato lo stesso appassionato interesse. Per rendersene conto basterebbe prendere il caso che ha coinvolto l'ex capo della segreteria del leader Pd. Filippo Penati è finito indagato dalla procura di Monza dopo che un'inchiesta precedente condotta dai pm di Milano era stata lasciata a impolverarsi prima di essere archiviata. Da quel che risulta, neppure un'intercettazione sospetta riguardante la cessione di una quota della società che gestisce gli aeroporti milanesi aveva spronato i magistrati ad indagare, al punto che dopo settimane il fascicolo contro ignoti è rimpallato da un ufficio giudiziario all'altro e se ne sono perse le tracce. Ci permettiamo queste osservazioni, nel giorno in cui per l'ennesima volta la giustizia italiana è stata sanzionata da quella europea. Proprio ieri la Corte di Strasburgo per i diritti dell'uomo ha riconosciuto al nostro Paese il peggior risultato in fatto di sentenze. Meglio di noi in fatto di rapidità nell'accertamento e nella punizione dei reati fanno perfino Paesi come la Turchia e la Russia, per non parlare dell'Ucraina. Non sappiamo naturalmente con quali organici lavorino i magistrati negli Stati che ci hanno superato, né quale sia il carico di lavoro di cui si debbano sobbarcare. Abbiamo però il sospetto che sei procure tutte concentrate su un solo partito - per di più d'opposizione - non si trovino né ad Ankara né a Mosca. Forse quei luoghi non saranno da portare ad esempio per la qualità del diritto, ma almeno in fatto di velocità nell'applicazione della giustizia sì. I doppioni d'inchiesta lì non ci sono. Per arrivare a una sentenza basta un'indagine, non sei. Ma forse per la Lega si sono fatte le cose in grande. Per la Margherita, partito il cui tesoriere si è fregato venti e più milioni, come per le inchieste che hanno coinvolto esponenti del Pd, restiamo in attesa di sapere quanti pm ci lavorano. di Maurizio Belpietro