Bersani, sindacati, Alfano: già iniziata la trattativa sulla modifica dell'Art.18
Parlamento pronto per discutere sulla riforma del lavoro. Il Pd minaccia il golpe, il Pdl chiede qualcosa in cambio. E la Cisl...
Signore e signori, inizia la corsa a chi strapperà più modifiche alla riforma del lavoro. Una corsa sfrenata, visto che il dibattito in Parlamento sul ddl varato ieri dal Consiglio dei Ministri dovrebbe durare al massimo fino a dopo le elezioni amministrative, e quindi i temi caldi (articolo 18, licenziamenti, ammortizzatori sociali) si intrecceranno inevitabilmente con la campagna elettorale. Pier Lugi Bersani è pronto, anzi frigge da un pezzo. Il segretario democratico ha capito che il Pd si gioca su questa battaglia una bella fetta di futuro. Se la perde, calando le braghe a Monti e al Pdl, incasserà il divorzio forse definitivo da Cgil e Fiom (salutare dal punto di vista politico, devastante da quello del consenso) e dirà quasi certamente addio alle proprie ambizioni di leader a Palazzo Chigi, già traballanti. Ecco perché fin dalla vigilia della decisione del CdM l'uomo di Bettola ha iniziato a giocare pesante, minacciando quasi il golpe in caso di mancata modifica dell'articolo 18: "Si vorrà ragionare, sennò chiudiamo il Parlamento, ma non so se, in questo caso, i mercati si tranquillizzano. Il Parlamento c'è e quindi ne discuteremo". Insomma, modifiche o saranno barricate: "Su tutti i decreti che sono arrivati - ha concluso - il Parlamento è intervenuto, ha sempre modificato qualcosa". La replica del Pdl - A stretto giro di posta gli ha replicato il segretario del Pdl Angelino Alfano, anche lui con una bel po' di credibilità in gioco: "Se il punto di equilibrio raggiunto dal governo sull'articolo 18 si tocca in Parlamento nessuno può immaginare che si tocchi da un solo lato e con modifiche di un solo colore". "Se si modifica l'articolo 18 - anticipa Alfano - è probabile che noi modificheremo anche altri aspetti del disegno di legge". Insomma, il governo non ha blindato la mobilità in uscita ma il Pdl nell'eventualità di un "ritocco al ribasso" imposto dal Pd (e già annunciato da Bersani) metterebbe sul piatto "alcuni interventi che portano indietro sul piano della flessibilità in entrata". Nel Pdl, però, c'è maretta per la decisione di Monti di utilizzare come strumento il disegno di legge. Decisione che il coordinatore nazionale ed ex ministro Ignazio La Russa ha definito "molto grave" perché "rischia di creare squilibri politici e modificare in peggio il risultato sin qui ottenuto su una riforma cosi importante". La Russa ha poi annunciato: "Chiederò al segretario Alfano e al presidente Silvio Berlusconi di convocare al più presto un ufficio di presidenza del partito per valutare le necessarie misure da adottare in sede politica e parlamentare".Lobby scatenate - Ma non ci sono solo Pd e Pdl a sfidarsi. Sebbene sia il sostenitore più deciso di Monti, anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini sottolinea che"il parlamento non è un passacarte". I più scatenati, però, sono i sindacati. Detto della Cgil, che ha già annunciato una paccata di ore di sciopero per protestare contro la modifica dell'articolo 18, anche i più possibilisti Luigi Angeletti (Uil) e Raffaele Bonanni (Cisl) fanno capire le loro intenzioni. "Probabilmente, avremo più ascolto di quanto ne abbiamo avuto finora con il Governo", ha spiegato Angeletti. Ben più esplicito Bonanni: "Faremo un'azione di lobbying". E nella inedita maggioranza di governo sono in molti ad essere disponibili alle pressioni.