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Pure Morandi lascia

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iannacci

Andrea Tempestini
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Non è la prima volta che succede: un Festival di Sanremo che funziona e viaggia oltre il 45% di share non è figlio di nessuno. Non di Lucio Presta, il super-manager. Non di Gianmarco Mazzi, il direttore artistico che ha sbattuto la porta in faccia alla Rai. E, a quanto sembra, neppure di Gianni Morandi, anni 67, frangetta color mogano, pagato 600.000 euro (la metà di quello che prendevano Bonolis e la Clerici) per infarinare, in tre mesi, uno show che ha fatto boom. Merito di Celentano, delle non-mutande di Belen, certo. Ma anche della musica, delle canzoni, della scintillante serata internazionale di giovedì. Cioè di Morandi. «Penso che il prossimo anno il Festival abbia bisogno di una faccia nuova anche nel ruolo di presentatore», ha sussurrato un Morandi assai meno sorridente di cinque giorni fa, quando avanzò una candidatura per il Festival 2013. Qualcosa, evidentemente, non ha funzionato: non lo share, non la musica, non il rompighiaccio Celentano, forse l'atteggiamento che la Rai ha tenuto nei confronti del trio Morandi-Mazzi-Presta. Un sospiro che sa di addio, quello dell'ex ragazzo di Monghidoro. Lo scorso anno, dopo il sipario del primo Sanremo, si fece scappare: «Sono pronto per il prossimo». Stavolta no. Nella notte dell'ultima recita, protetto da un loden blu (!) che fa meno ridere rispetto a quello di Papaleo, questo uomo genuino e testardo che sta per compiere 50 anni di carriera, mostrava la corda. Sfiorato da una settimana durante la quale i nervi sono stati strofinati troppe volte, Morandi ha maturato la stessa idea di Mazzi e Presta. «Tra le cose che mi hanno infastidito di più? Non essere potuto andare a correre, mi avrebbe scaricato un po'… Per fortuna il Bologna ha vinto contro l'Inter». Scherza ma c'è dell'altro. Morandi Gianni ha vissuto tra l'hotel e l'Ariston, tra i razzi di Celentano e quelli che arrivavano da Roma. E le papere in serie? «A Baudo non sarebbe successo, ma io non sono un presentatore». È solidale fino in fondo con l'amico Mazzi: «Da viale Mazzini non ci è stato detto il grazie che ci aspettavamo per gli ascolti e la serata di giovedì; eppure abbiamo preparato un Sanremo che ha dato grandi risultati anche alla Sipra, l'agenzia che vende pubblicità per la Rai…». Poi perdona la Bertè che aveva cantato in playback: «Merita un fallo da ammonizione, non da espulsione dal Festival». Ha una parola buona con i colleghi: «Sono uno di loro». E non tradisce Celentano: «È la storia della nostra vita». Nella notte, dopo la concitata finale, consuma una cena all'Hotel Globo. Poi una breve dormita nella suite a 3 stelle con vasca da idromassaggio, colazione, ultimo incontro con i giornalisti e via, verso Bologna, sulla Mercedes grigia. Domani è un altro giorno, non un altro Sanremo: «"Che farò? Tornerò a cantare? Ora non ho un disco pronto. E neppure un tour davanti… Mi riposerò. E correrò». di Leonardo Iannacci

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