L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Quando ieri abbiamo commentato il monologo di Celentano, sostenendo che la colpa non era di Celentano ma di chi gli aveva consentito di dire baggianate in prima serata, sapevamo di non sbagliarci. Conoscendo un po' il mondo dello spettacolo, e ancor di più quello della Rai, eravamo certi che la presa di distanza della dirigenza di viale Mazzini dalle parole del Molleggiato fosse una presa per i fondelli. L'ex ragazzo della via Gluck non era stato ingaggiato a suon di centinaia di migliaia di euro per cantare ma per cantarle. A chi? A chiunque volesse, a patto che l'invettiva facesse discutere. Nel suo contratto non c'era un impegno a fare canzoni, ma a fare casino. Questo voleva la Rai. Una bella polemica che risollevasse l'audience. E questo ha fatto Adriano. Celentano ha semplicemente svolto il suo lavoro. Sporco, ma pur sempre quello richiestogli. Ha ragione a dire che non deve rimproverarsi nulla. I soldi se li è ampiamente guadagnati. Al predicatore di banalità non ambiamo dunque nulla da biasimare. Lo hanno chiamato per scandalizzare e lui ha scandalizzato. Il problema è di chi gli ha dato carta bianca. Cioè dei vertici che lo hanno voluto e poi gli hanno dato licenza di uccidere. Possibile che un contratto come quello firmato ad un big della canzone e della polemica non sia passato tra le mani del direttore generale? È ipotizzabile che Lorenza Lei non abbia seguito con occhio attento tutto ciò che riguardava uno dei più importanti eventi prodotti dalla sua azienda? Ma se non controlla Sanremo, che altro deve fare la capa della Rai? Ovviamente le risposte sono scontate. E le manifestazioni di disappunto fatte trapelare il giorno dopo, compreso l'invio in Liguria del vicedirettore generale, fanno parte della commedia. Un teatrino studiato nei minimi particolari. Quando ieri abbiamo titolato «Lei è peggio di lui», con tanto di foto della numero uno, eravamo certi di quel che dicevamo. Ma ieri è giunta la conferma. Una lettera del direttore di RaiUno sgombra il campo da qualsiasi dubbio. Che dice Mauro Mazza? Che Lorenza Lei era informata di ogni cosa e dunque ora ha poco da lamentarsi. Il capo della rete in pratica non ci sta a fare il capro espiatorio e a finire commissariato. Gli attacchi alla stampa cattolica e alla Chiesa sono il frutto di una scelta consapevole, non di una situazione sfuggita di mano. La Rai voleva battere i record d'ascolto e si è affidata a Celentano e alle sue sparate. Invece di cercare di nascondere la mano dopo aver lanciato il sasso, i vertici di viale Mazzini farebbero dunque bene ad assumersene la responsabilità. Se la tv pubblica si è dimenticata che cos'è il servizio pubblico, lasciandosi andare alla trivialità, non è stato un incidente casuale, ma un incidente voluto. E a questo punto le dimissioni sono dovute. Al tempo stesso non vorremmo però che il pasticcio di Sanremo, gli errori e le inefficienze divenissero il pretesto per mettere la Rai al servizio di qualche altro potere, dopo tutti quelli che negli anni l'hanno fatta da padrone. Sentiamo dire di nuova governance, di un numero di consiglieri di amministrazione ridotto, di figure di garanzia. Per sottrarre il ronzino televisivo dall'influenza dei partiti, in questi anni sono stati fatti molti tentativi, tutti regolarmente falliti. Ora non vorremmo si tentasse qualche altro strano esperimento. Se si vuole togliere la televisione di Stato ai partiti c'è un solo modo: nominare un commissario liquidatore. Cioè un manager che abbia un'unica missione: vendere la Rai. La privatizzazione porterebbe molti vantaggi. Non solo la fine della lottizzazione e del canone, ma anche un introito straordinario per le casse pubbliche. Diversi miliardi di euro che potrebbero servire ad abbassare le tasse. L'annuncio della cessione sarebbe la sola musica che nel festival delle banalità allieterebbe le nostre orecchie. PS. Ieri dalle rassegne stampa della Rai è sparita la prima pagina di Libero. Gli spettatori non hanno dunque potuto vedere il nostro titolo d'apertura: «Lei è peggio di lui». Invece di censurare Celentano, la direttrice di viale Mazzini ha provveduto a censurare le critiche che la riguardavano. Più che occuparsi del servizio pubblico, i vertici della tv di Stato si sono impegnati a privare il pubblico di un servizio. Anche questa è una buona ragione per mettere la parola fine. di Maurizio Belpietro