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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Silvio Berlusconi ha annunciato venerdì al Financial Times il suo ritiro. C'è voluto un giorno per capire che scherzava. Il Cavaliere abbandona sì le velleità di ritornare a Palazzo Chigi, poltrona per altro scottante e momentaneamente non disponibile. Ma in cuor suo non ha certo la volontà di calzare le pantofole e indossare la vestaglia da camera. Il passo indietro dell'ex premier riguarda la guida del governo e le rogne connesse all'attività di pubblico amministratore. Per il resto Silvio non ha alcuna intenzione di dimettersi dalla politica. Anzi. Per il futuro intende ritagliarsi il ruolo di suggeritore, o, se preferite di gran burattinaio, cioè di colui che tira i fili delle più importanti decisioni. Mi pare questo il senso della conversazione che il leader del Pdl ha avuto ieri con il nostro Salvatore Dama. Un lungo colloquio in cui alcune dichiarazioni rilasciate l'altro giorno al giornale inglese sono state meglio precisate. E insieme a ciò  anche la strategia dei prossimi mesi, che è molto diversa da quella sin qui seguita. La novità riguarda la possibilità di un'inedita alleanza con il Partito democratico per rifare la legge elettorale. Una mossa che taglierebbe fuori partiti come Fli, Udc, Sel e Idv, ma metterebbe fuori gioco perfino la Lega. Altro che fine del bipolarismo e ritorno al vecchio sistema proporzionale, come vorrebbero i partiti minori. Il Cavaliere, alleandosi con lo storico nemico comunista, accelererebbe verso un sistema bipartitico. Non so se davvero Berlusconi intenda proseguire su questa strada, e quindi se sia disposto ad accantonare le sue pregiudiziali nei confronti della sinistra pur di ottenere ciò che ha in testa. Se cioè la collaborazione fra i due più grandi partiti presenti in Parlamento, costretti a convivere per sostenere Monti, abbia prodotto un disarmo bilaterale. Sta di fatto che tutto ciò rappresenta una svolta storica nelle relazioni con il Carroccio. Sia che si tratti di un espediente per far tornare a più miti consigli Bossi, sia che al contrario la mossa anticipi la rottura, siamo di fronte a un cambiamento di rapporti, che in pratica segna la fine di un'alleanza così come finora l'abbiamo vista. Significa che d'ora in poi il Pdl non subirà l'iniziativa dei seguaci di Alberto da Giussano, ma  reagirà colpo su colpo. Tutte queste novità certo sconcertano un po'. Berlusconi che accetta di farsi da parte. Berlusconi che si dice disposto ad andare a braccetto con i nipotini di Togliatti. Berlusconi che sostiene Monti e le sue tasse. Berlusconi che anticipa la fine di un'intesa durata più di dieci anni. I cambiamenti sono tali che richiederanno un approfondimento nelle prossime settimane per capire che razza di direzione politica ha intrapreso il Popolo delle libertà e se questa sia solo tattica per uscire da un vicolo cieco in cui è cacciato oppure no. Una cosa però ci pare sicura. Ossia che il Cavaliere abbia superato l'apatia seguita alle dimissioni. La brusca uscita di scena lo aveva lasciato senza parole e per tre mesi l'ex premier aveva quasi fatto perdere le sue tracce, come se si fosse ritirato ad Arcore a meditare. Ora si capisce che pur avendo fatto un passo indietro, a Berlusconi prudono le mani. È vero, ha lasciato il partito ad Angelino Alfano e alle prossime elezioni non ha intenzione di candidarsi come premier. Ma sotto sotto è sempre lui a voler condurre le danze. Se davvero vuol fare lo sgambetto al Terzo Polo, mettendosi a fare ciò che avevano in testa Casini, Fini e Rutelli (intesa elettorale compresa); se davvero il Cav. è disposto ad allearsi con il diavolo (la sinistra), pur di mettere in riga Bossi. Beh, se vero tutto quello che ha detto al nostro Dama, credo presto ne vedremo delle belle.

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