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Giordano Tedoldi

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Andrea Tempestini
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I giochi sono fantasie, simulano quello che si vorrebbe fare se la vita fosse eterna e la società un paradiso terrestre privo di leggi, alle quali sono sostituite le più blande regole, appunto, del gioco. Quando si scambia un gioco per un attentato alla pubblica moralità si rivela quel fastidioso spirito censorio che, da qualche tempo, ha trovato a suo bersaglio preferito le questioni sessuali. C'è un gioco che si chiama “Squillo”, e che realizza una delle fantasie tra le più vergognose e comuni dei maschi, quella di fare il ruffiano, il protettore di prostitute, insomma, il magnaccia. Vincitore infatti risulta chi riesce a organizzare il giro di bordelli più fiorente. Viene distribuito dalla Raven, specializzata in giochi di carte e di ruolo, in tre edizioni: “Pappa”, “Deluxe” e,  sfornata due mesi fa, “Bordello d'Oriente”. L'ideatore del gioco, che è vietato ai minori, reca avvertimenti sul contenuto erotico e delinquenziale (i papponi possono arrotondare anche spacciando droga), e dall'uscita della prima edizione, lo scorso marzo, ha venduto 10mila copie più altre 5mila di “Bordello d'Oriente”, è Immanuel Casto. Il quale ovviamente si chiama così solo per vezzo, facendo all'anagrafe Manuel Cuni, trentenne musicista seguace di una certa tradizione sboccata della canzone italiana, erede degli Squallor e degli Skiantos, tanto che il suo primo album si intitolava “Vento d'erezioni”.  Ma non è tanto il falso Casto a interessarci, quanto la disegnatrice delle carte con cui si gioca a “Squillo”. Si chiama Martina Poli, nata a Varese, ha venticinque anni, studia all'accademia di belle arti di Bologna e al Corriere di quella città dichiara di sentirsi «una femminista moderna» (si sta laureando con una tesi sull'emancipazione femminile tramite il fumetto erotico). Queste carte, che possono ostacolare o favorire la carriera del magnaccia giocatore, sono illustrate dalla Poli con quella sfacciata volgarità che non si nasconde dietro “l'ironia” per famiglie perbene. Sono quello che dovrebbero essere in un gioco erotico per adulti: provocanti, conturbanti, fastidiose, pornografiche, così come lo erano, per dire, le tavole del grande disegnatore Magnus (Roberto Raviola) quando illustrava il suo “Necron”, novello Frankenstein dotato di membro abnorme, creato a suo diletto dalla scienziata Frieda Boher.  Se vi va di capire a che ridicola temperatura è arrivato il moralismo in questioni sessuali nel nostro paese, vi basti sapere che tempo fa, una senatrice del centrosinistra, prima ancora che il gioco fosse distribuito (è tipico dei censori, vittime dei loro stessi incubi, agire prima di prendere conoscenza di ciò che stroncheranno) ne propose in parlamento il ritiro dal mercato, perché mercificava il corpo femminile, invogliava all'uso di droghe e antidepressivi, nonché a “pratiche sessuali disumane”.  Ora, tra queste pratiche, nel resoconto testuale della seduta al Senato, ella parla di “roditori che si cibano di parti intime femminili”. L'ex senatrice non sapeva che questa abominevole pratica, è stata, non sappiamo se consapevolmente o meno, rubata dagli ideatori di “Squillo” da una scena di un romanzo, “American Psycho” di Bret Easton Ellis, un capolavoro della narrativa contemporanea letto e distribuito in tutto il mondo. Ritiriamo anche quello? Ma lasciamo perdere i bacchettoni là dove stanno, negli armadi con le palline antitarme, e torniamo alle illustrazioni di Martina Poli. Ciascuna porta un titolo: “Doppia penetrazione”, “Possessione demoniaca”, “Senso di colpa cattolico” (che impedisce alle prostitute di esercitare la loro arte finché la crisi di coscienza non è passata) concetti poi disegnati con fedeltà dalla giovane illustratrice.  Curiosa, e significativa, la carta “Zombie”, con la quale si può resuscitare una meretrice dal cimitero per aumentare la propria squadra di escort, aggiungendo alle vive una non-morta. Come si vede, si tratta di un grottesco, osceno, carnascialesco gioco per ragazzi che hanno appena raggiunto la maggiore età e per maturi borghesi annoiati, cosa che spiega facilmente il grande successo di vendite.  E forse un giorno, non troppo lontano, capiremo anche noi italiani alcune cose fondamentali, la distinzione tra pensieri fantastici e realtà, tra gioco e vita vera, e che se in “Squillo” c'è la prostituta “Analia” nella Città delle Donne di Fellini c'era nientemeno, signore del suo lussurioso castello, il grande Katzone. di Giordano Tedoldi

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