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ULTIMATUM DI SILVIO:"Altre 48 ore"Letta avvertito

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La sinistra allenta il pressing per la decadenza: le colombe e il Colle suggeriscono le dimissioni e poi la commutazione della pena. Pure Marina concorda. Ma il governo resta in bilico

Andrea Tempestini
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Altra frenatona. Il governo non cade ma resta in bilico. Fino al prossimo ultimatum. A fine giornata risulta decisiva la mediazione del presidente del Consiglio Enrico Letta. Che, dopo un giro di telefonate e un incontro con Guglielmo Epifani, riesce a frenare i falchi del Partito democratico. Con questo risultato in tasca il premier vede Angelino Alfano e gli altri ministri del Pdl. A loro tocca poi la difficile impresa di calmare Silvio Berlusconi, già in partenza per Roma con l'obiettivo di tornarsere a casa con lo scalpo del primo ministro.  E invece. Come se lunedì niente fosse successo: tutt'altro atteggiamento da parte dei senatori democratici in Giunta per le elezioni, disponibilità a discutere e ad approfondire. Altra musica anche dal Pdl: viene rinviata la riunione dei gruppi parlamentari azzurri, quella che avrebbe dovuto ratificare la fine delle larghe intese. Democratici e azzurri: stanno tutti accampati sull'orlo del baratro. Perché il caso non è chiuso.  La pistola rimane sul tavolo. Il Pd leva il turbo ma rimane intenzionato a votare la decadenza di Berlusconi da senatore. E Silvio non intende rimanere un giorno al governo con chi lo dà in pasto alle procure. Dunque la sensazione che si respira a Palazzo è che l'impatto è stato solo rinviato di qualche giorno. A meno che... E qui si entra nel reame della trattativa e della exit strategy, luogo in cui ancora ieri erano molto attivi il Quirinale e le colombe di entrambi gli schieramenti. Dal Colle è stata offerta di nuovo una soluzione al Cavaliere per uscire da questa storia, un  lodo che  ieri aveva anche l'avallo di Palazzo Chigi. Il piano è che Silvio si dimetta senza costringere il Senato a votare la sua decadenza, cosa che porterebbe inevitabilmente alla rottura tra Pdl e Pd. Poi, scontati i primi giorni ai domiciliari, l'intervento del Capo dello Stato con la commutazione della pena. Un'azione - gliel'hanno presentata così - tale da riabilitare la sua immagine pubblica. Non solo le colombe, ma anche la figlia Marina e gli altri  manager delle aziende di famiglia insistono perché il Cavaliere accetti questa soluzione per uscire a testa alta dall'impegno politico, piuttosto che imbarcarsi in una nuova battaglia dagli esiti incerti.  Il guaio è che Berlusconi non si fida dei suoi interlocutori. Napolitano, Letta, il Pd. Ci vede dietro l'ennesima fregatura: «Non mi fido di quella gente lì», continua a ripetere. Eppoi gli altri processi, le altre inchieste? D'altro canto, Silvio sa che far cascare il governo in questa situazione sarebbe una bella responsabilità da prendersi. Insomma è molto incerto sul da farsi. Oltretutto Letta ha già fatto sapere a Berlusconi che, perso il sostegno dell'ex premier, non si dimetterebbe, ma andrebbe al  Senato per vedere se ha ancora in numeri. A verificare cioè   se davvero tutto il Pdl è compatto sulla linea berlusconiana.  Nel dubbio l'ex presidente del Consiglio si prende ancora 48 ore per decidere e per vedere quali segnali arrivano dalla Giunta per le elezioni del Senato. Intanto torna a girare in Transatlantico anche l'ipotesi delle dimissioni dei ministri del Pdl, che continuerebbe a sostenere il governo con l'appoggio esterno. Ma molti azzurri lo considerano solo un modo per prolungare l'agonia. di Salvatore Dama

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