francesco borgonovo
di Francesco Borgonovo Eugenio Scalfari si è presentato ieri al Salone del Libro di Torino nelle vesti che gli sono più congeniali, quelle soprannaturali del Barba-Papa, e ha anticipato di un giorno la sua omelia domenicale. L'occasione era delle più importanti: una tappa speciale dei «Dialoghi dell'Espresso». Un evento tanto solenne richiedeva la formulazione di sentenze filosofiche profondissime, e infatti Scalfari, ormai più santone che giornalista, ha deliziato il pubblico spiegando che «gli italiani votano chi promette asini volanti». Tradotto dal linguaggio biblico, significa che chi vota Berlusconi (o, al massimo, Beppe Grillo) è un cretino che crede alle favole. Il senescente profeta può parlar male di chi più gli aggrada, con gran risalto mediatico. Invece chi vorrebbe muovere critiche intelligenti e motivate a Eugenio non può farlo. E il caso di Francesco Bucci, acuto saggista autore di un pamphlet dedicato all'esimio Fondatore di Repubblica. Un libro che nessun editore ha voluto pubblicare, per timore di infastidire il Sublime Scalfari e i suoi seguaci del gruppo Espresso-Repubblica. Non prendeteci per fessi. Sappiamo bene che il mondo editoriale è zeppo di mitomani e personaggi privi di talento che si inventano ogni genere di persecuzioni per giustificare (in primis a se stessi) il fatto che nessuno voglia stampare i loro manoscritti. Il caso di Bucci, tuttavia, è molto diverso. Intanto perché non si tratta di un misconosciuto esordiente. Ha già pubblicato un volume, nel 2011, per l'editore Coniglio, storico e coraggioso marchio purtroppo travolto dalla crisi dell'editoria. In quel libro (Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale) Bucci si occupava di un'altra penna eccellente di Repubblica, ovvero il filosofo Galimberti, noto ai più per aver copiato interi capitoli dei suoi saggi da colleghi più o meno illustri. L'imbarazzante vicenda del copia e incolla fu portata alla luce da un'inchiesta del Giornale, che si avvalse dell'attiva collaborazione di Bucci, il quale compulsò pagine e pagine di Galimberti svelandone i furtarelli e portandoli all'attenzione della comunità scientifica. Detto per inciso, Scalfari lodò più volte sul suo giornale il professor Galimberti, senza accorgersi dei suoi svarioni e copiature, probabilmente perché non lo aveva nemmeno letto. Bene, dopo quella prima inchiesta, Bucci ha deciso di occuparsi di Barba-Papa. E ha prodotto un manoscritto illuminante intitolato Eugenio Scalfari, l'intellettuale dilettante. Non si tratta di un attacco politico al Fondatore, tutt'altro. L'autore dice infatti di stimare Scalfari come giornalista. Il problema è la passione dell'Eugenio per la filosofia. Un hobby innocuo, se non fosse che il nostro da qualche tempo a questa parte si dedica alla produzione in serie di tomi di argomento filosofico, in cui spazia da Montaigne a Spinoza con la competenza di uno studente delle medie. Si tratta di libri pubblicati da editori importanti, con titoli formidabili che elenchiamo: Incontro con Io (un meeting che tutti aspettavano, ci permettiamo di chiosare); L'uomo che non credeva in Dio; Per l'alto mare aperto e Scuote l'anima mia Eros. A ogni uscita segue una pioggia di recensioni entusiaste sui principali quotidiani. Peccato che - come Bucci dimostra - tali volumi siano pieni di castronerie e banalità. Un solo esempio, per non infierire. Scrive Scalfari in Incontro con Io: «La definizione recita che l'angolo è l'incontro di due semipiani. C'è, ci deve essere una straordinaria esperienza di vita e una stupefacente capacità di astrazione perché il pronipote dell'homo erectus sia arrivato a formulare una definizione così asciutta e rigorosa». Peccato che sia una definizione sbagliata. Precisa Bucci: «Sono due semirette, e non due semipiani, a delimitare un angolo (piano)». A chi, come noi, fosse una capra in geometria, assicuriamo che perfino Wikipedia conferma.Il libro di Bucci risulta dunque un campionario interessante e anche divertente, che dice molto della cultura italiana. Forse troppo. E infatti nessuno ha voluto pubblicarlo. L'autore, dopo vari tentativi, si è rivolto a un'agenzia letteraria di medie dimensioni chiamata «Bottega editoriale». Di solito, affidarsi a un agente agevola la pubblicazione. Ma in questo caso non c'è stato nulla da fare. Tanto che l'agenzia stessa ha deciso, in occasione del Salone del Libro, di diffondere un comunicato stampa in cui spiega: «Ci siamo trovati dinanzi ad una situazione del tutto nuova: diversi editori ci hanno risposto dicendo che il testo era valido, ma non volevano pubblicarlo. Perché? Qualcuno ce l'ha detto direttamente (ma solo rigorosamente a voce...); qualcun altro ce l'ha fatto capire, guardandosi bene però dal dichiararlo. La sostanza, comunque, era uguale: perché mettersi contro il “Partito di Repubblica”?». Già, perché un editore dovrebbe esporsi? E se poi su Repubblica e l'Espresso non ti recensiscono più? Soprattutto, poi, il libro di Bucci si limita a valutare le opere di Scalfari (recentemente raccolte in un Meridiano da Mondadori) dal punto di vista strettamente filosofico. Quindi risulta ancora più imbarazzante per il Fondatore e per i suoi illustri recensori, sempre pronti a lodarne gli sbrodolamenti. Oddio, non ci stupiamo che lo incensino: in Italia c'è gente che crede agli asini volanti, figuriamoci se non credono agli Scalfari sproloquianti.