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Obama e Cameron, due burattinidi Mosca nella crisi siriana
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I leader di Washington e Londra promettono mano dura col regime di Assad. Ma tutto quello che hanno ottenuto dall'alleato russo è una conferenza internazionale
di Glauco Maggi Obama e il premier britannico David Cameron hanno promesso ulteriori sforzi diplomatici per risolvere la crisi siriana quando si sono incontrati alla Casa Bianca lunedi' mattina, ma siccome tutta poggia sul coinvolgimento della Russia di Putin, i siriani non vedono avvicinare di un centimetro il traguardo di una vera riappacificazione del Paese, che non puo' prescindere dalla rimozione del dittatore sanguinario Bashar Assad. E proprio a Damasco, non piu' tardi della settimana scorsa, ed anzi, cinicamente e sfacciatamente, il giorno dopo che il neosegretario di Stato Usa John Kerry aveva lasciato Mosca alla fine del meeting con il suo collega russo, il Cremlino ha garantito che la fornitura della batteria aerea anti-missili ultramoderna S-300 procedera' come pattuito dagli accordi tra i due regimi. Un gran bell'alleato! Cameron ha usato parole toccanti, che non costano nulla, nel descrivere la situazione tragica nel paese, ma pensare che l'intesa con Mosca faccia qualche effetto e' un'illusione: “ La storia della Siria e' scritta nel sangue del suo popolo, e cio' sta avvenendo sotto i nostri occhi” ha detto. Per poi allinearsi, in un richiamo alla partecipazione di tutti, all'Obama ecumenico e immobile. L'Obama che aveva incautamente parlato di “linea rossa” superata da Assad con l'uso delle armi chimiche, ma poi ha ritirato tutto non dando seguito ad alcuna iniziativa di ritorsione. “Il mondo urgentemente ha bisogno di mettersi insieme per porre una fine al massacro. Nessuno di noi ha alcun interesse a vedere piu' vite perdute, a vedere le armi chimiche utilizzate”, ha affermato Cameron. Barack si e' ovviamente detto d'accordo, spiegando che la Russia “ha un interesse e pure un impegno” a lavorare per risolvere la crisi. Peccato che sia solo una fallace convinzione, come ha lucidamente scritto oggi in un articolo sul Wall Street Journal Garry Kasparov, l'ex campione di scacchi russo che e' da tempo un oppositore perseguitato del regime putiniano essendo un difensore della democrazia alla occidentale: “Il terreno comune tra Russia e America e' un mito”, ha detto il dissidente riferendosi sia al teatro di guerra siriano, sia alla cooperazione in tema di terrorismo ceceno. “Dividere uno stesso nemico, i terroristi islamici ceceni, non significa condividere gli stessi valori”. Ma Barack, che aveva esordito in politica estera offrendo la mano tesa all'Iran, insiste nel coltivare sogni irrealizzabili: “Se in concreto possiamo fare da broker di una transizione politica pacifica che conduce non solo alla rimozione di Assad ma anche ad uno stato in Siria che sia ancora intatto … e a una situazione che pone fine al bagno di sangue e stabilizza la situazione, tutto cio' non e' un bene soltanto per noi, sara' un bene per tutti”, ha detto Barack. Ma su cosa possono basare i due capi di Londra e Washington la sicurezza di un futuro roseo per la Siria? E' cio' che Kerry, nel viaggio gia' citato che si e' concluso con la dichiarata volonta' di Mosca di armare e proteggere militarmente con lo scudo russo antirazzi Assad, ha ottenuto da Putin: la promessa di una conferenza internazionale sulla Siria. Come le conferenze e le trattative sulla pace tra Israele e i palestinesi, che vanno avanti da decenni senza frutto. Come affidarsi al lupo cattivo per salvare cappuccetto rosso. Il dramma e' che non si tratta di una favola. L'Osservatorio per i Diritti Umani in Siria ha documentato oggi che l'esercito di Assad sta facendo progressi concreti contro l'opposizione, anche grazie all'appoggio del gruppo sciita libanese degli Hetzbollah (gli amici di Teheran): il regime ha riconquistato la citta' di Khirbet Ghazaleh nella regione meridionale Daraa, sulla strada tra la capitale e il confine giordano, e si e' ripreso gran parte dell'area di Qusayr, vitale strategicamente perche' collega Damasco con la costa. Il conteggio delle vite perse e' in costante crescita, intanto: 82.257 dall'inizio del conflitto nel marzo del 2011, di cui 34.437 civili.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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