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Letta porta il governoa farsi benedireMa i ritiri portano male

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Domenica e lunedì ministri in ritiro. Un'idea varata da Romano Prodi nel '97 col meeting di Gargonza. Un anno dopo, il Mortadella saltò per aria

Matteo Legnani
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di Mario Giordano La chiamata per il monastero arriva con un tweet. Segno dei tempi: una volta come minimo ci sarebbe stato un arcangelo o un cherubino, per lo meno una colomba con il ramoscello d'ulivo. Adesso invece a indicare la strada del convento c'è l'uccellino social network, 140 battute inviate  dal premier Letta alle 10 del mattino: convoca tutti i ministri per domenica e lunedì. Luogo scelto:  una culla del monachesimo, costruita nel 1085, passata dall'ordine Vallobrosano a quello Cistercense, e con un nome che si adatta quanto mai bene alle circostanze del momento. Si chiama infatti «Abbazia di Spineto». Il luogo delle spine, insomma. Oltretutto, i conclavi di questo tipo non hanno portato un gran che bene a chi li ha organizzati.  Il più famoso si tenne a Gargonza nel marzo del 1997. Prodi, uscito vittorioso dalle elezioni del '96, radunò l'intero centrosinistra nel frantoio dell'antico castello medioevale: 40 parlamentari, tutti i ministri, tutti i segretari di partito e  trenta intellettuali fra cui Umberto Eco, Luciano Berio, Omar Calabrese e Paolo Flores d'Arcais. «L'Ulivo è radicato nel Paese più dei partiti», proclamò la Mortadella (che allora andava più di moda della cinta senese). «Bisogna ripartire dai partiti», gli rispose a muso duro D'Alema, che prese cappello e se ne andò via prima della chiusura dei lavori. Risultato? Un anno dopo Prodi saltò per aria, D'Alema lo sostituì al governo e l'Ulivo dimostrò di essere radicato nel Paese quanto una mongolfiera quando arriva El Nino. Il frantoio frantumò solo la sinistra, e Gargonza divenne sinonimo di fallimento. Leggi l'approfondimento su Libero in edicola mercoledì 8 maggio

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