Cerca
Cerca
+

Ugo bertone

Esplora:
default_image

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

  di Ugo Bertone Tutti pazzi per i bond. Anche quelli del Ruanda. Già, la scorsa settimana lo Stato africano ha collocato un bond a dieci anni al tasso del 6,87%. Ovvero mezzo punto in meno di quel che i mercati pretendevano dall'Italia nel novembre del 2011, nel momento più delicato della crisi. Chi ebbe allora  il coraggio di puntare sui Btp o sui fondi specializzati nel reddito fisso ha fatto senz'altro l'affare della vita, spuntando rendimento a due cifre. Oggi, con il Btp decennale al 3,67%, ai minimi dal gennaio 2006, è facile prevedere che il movimento di calo dei tassi sia giunto quasi al capolinea.  E le cose per i risparmitori si complicano: certo l'inflazione tende a scendere, ma è difficile accontentarsi di un rendimento dello 0,93% (al lordo delle commissioni)  quale quello offerto dai Btp a due anni. È d'obbligo, perciò, andare alla ricerca di alternative. Senza ricorrere al  Ruanda, esempio che può servire a dare un'idea della cornice, un po' folle ed esagerata, in cui bisogna operare le proprie scelte. A provocare il ribasso dei rendimenti di obbligazioni titoli di Stato, oltre che i nuovi record della Borsa americana, è infatti, la pioggia di liquidità in arrivo dalle banche centrali: dal 2007 ad oggi 22 mila miliardi, destinati a crescere di altri 2 mila miliardi entro la fine dell'anno. Un'alluvione che , dicono gli esperti, tra un paio d'anni si tradurrà in inflazione. Vediamo come non farci travolgere dal calo dei tassi oggi e, soprattutto, dall'impennata dei prezzi dal 2015. ORIZZONTE 12 MESI Se prendiamo per buono il quadro dipinto da Mario Draghi, i prezzi all'interno dell'eurozona dovrebbero restare sotto l'asticella del 2%. O anche meno, visto che in Italia il tasso provvisori è sceso all'1,2%. In questo contesto, ovviamente, non conviene puntare sui Bot o sui titoli con scadenza inferiore ai due anni, da utilizzare solo come parcheggio di liquidità. Ma non ha molto senso nemmeno tenere in cassetta un Btp a 5 anni al 2,62%, accollandosi il rischio inflazione di qui al 2018. a) Al contrario, appaiono più  convenienti i conti di deposito vincolato: sui 12 mesi è ancora possibile spuntare rendimenti attorno al 3 per cento anche se il calo del tasso di sconto si sta già trasmettendo al sistema. Ma attenzione. Oltre agli interessi pagati dalla banca, bisogna verificare se l'istituto si fa carico o meno del bollo (lo 0,15% somme delle depositate) oltre a  calcolare spese e commissioni. E chiedere cosa accade in caso di svincolo anticipato. Per orientarsi sulla scelta esistono omai diversi siti comparativi su Internet, da esaminare con occhio critico. Ad esempio 10.000 euro depositati a 12 mesi su un conto vincolato presso Webank danno un rendimento di 283,74 euro (commissioni zero) nelle tabelle di Facile.it, ma  solo di 254,35 euro secondo Confrontaconti.it (che tiene conto di spese per 25,65 euro). Meglio controllare di persona, senza fidarsi troppo delle tabelle... b) Meritano attenzione le obbligazioni senior bancarie, con garanzia assoluta di rimborso del capitale, con scadenza entro i 18 mesi. Si tratta di emissioni che rendono qualcosa in più dei corrispondenti titoli di Stato, senza far correre i rischi delle obbligazioni “subordinate” che potrebbero, in caso di crisi, non pagare la cedola o in caso di default, non essere rimborsate. Le emissioni senior stanno tornando di moda (3,4 miliardi solo ad aprile) con varie formule: a reddito fisso, step up (a cedola crescente) o a tasso misto. In genere i titoli delle banche più grandi, Intesa ed Unicredit, tendono ad allinearsi ai titoli di Stato, più generose le emissioni delle Popolari di medie dimensioni.   Tra i itoli in circolazione il bond 6,75% (ultimo prezzo 105,75) della Popolare  di Vicenza o il titolo, scadenza gennaio 2016, emesso dalla Popolare di Milano. Occhio, però, alla liquidità dei titoli in circolazione. Il mercato dei bond senior già emessi si sta riducndo:   le banche stanno accelerando il riacquisto delle obbligazioni, ormai (per loro) meno convenienti.    Attenzione: evitare le obbligazioni bancarie non quotate offerte in sottoscrizione allo sportello, che generalmente hanno rendimenti inferiori rispetto a quelli medi di mercato e che soprattutto non garantiscono la trasparenza del prezzo di riacquisto nel caso di vendita prima della scadenza.  C) E per chi non vuol tradire i titoli di Stato? La formula ideale è quella del cocktail di scadenze e di valute. Il mix ideale deve prevedere un pizzico di base ultrasicuro (bund tedeschi, un po' di Finlandia o Svizzera), un po' di bond Usa e, tanto per alzare il tono, emissioni di Messico e Turchia, emergenti che godono di buona salute e offrono ancora rendimenti interessanti.  Oltre ad un po' di Italia, senza dimenticare che più si allungano le scadenze, più cresce la volatilità. La parola d'ordine, insomma, è diversificare, cosa che richiede grossi capitali oppure l'impiego di fondo di investimento specializzati che, tra l'altro, sono reduci da una stagione di rendimenti brillanti. MEDIO-TERMINE  Si può ragionare su  un orizzonte di 3-5 anni in una fase così turbolenta? Sì, anzi si deve se non si vuol finire vittime della  volatilità e, soprattutto, farsi trovare ben preparati  ai blocchi di partenza quando  finalmente si vedrà la luce in fondo al tunnel della crisi.  a) Occhio alle emissioni corporate, ovvero alle obbligazioni societarie non bancarie. Di grandi gruppi, tipo Eni, Enel, Telecom o di medie e piccole società pronte a seguire l'esempio di Guala Closure, l'azenda piemontese che nel novembre scorso ha emesso  il primo minibond a 537,5 punti base sopra l'Euribor trimestrale.  Nei prossimi mesi ci sarà una vera e propria valanga di offerte anche in Italia, in sintonia con quanto già sta avvenendo un po' ovunque, in Europa e Usa, per ovviare alla stretta del credito bancario.  Certo, chi ha avuto la sventura di imbattersi  in passato in Cirio o Parmalat storcerà il naso. L'importante sarà far tesoro degli errori passati. Guai a confondere la notorietà del marchio con la solidità della cassa, insomma. O affidarsi al rating, giudizio che tanti guai ha provocato o non ha saputo evitare. Piuttosto che investire su un settore o su un Paese solo. Un buon giardinetto, in attesa di nuove offerte,  può essere costituito da un'obbligazione Wind  (5,94% il rendimento), da un'emittente solido come la francese Edf (5,13%)  che in Italia controlla Edison, un nome del calibro di General Electric. Chi vuol abbinare la solidità del marchio Generali con un rendimento interezzante può puntare al bond subordinato emesso dalla compagnia (6,92% gli attuali prezzi di mercato). Il regolamento prevede la facoltà (ma non l'obbligo) per la compagnia di richiamare il titolo nel 2022. Altrimenti la cedola, da fissa (7,75%) diventa variabile (euribor +711 punti base).  b) Spazio, con prudenza, alle obbligazioni convertibili. Ovvero come mettere un piede in Borsa senza perdere il vantaggio della cedola. La scommessa negli ultimi 12 mesi ha funzionato: il rendimento medio delle obbligazioni convertibili dell'area euro, da aprile ad aprile,  è stato del 9,97% (contro il 5,66% dei corporate bond dell'area euro) a tre anni. Tra i titoli più interessanti, una volta tanto, spiccano alcuni titoli italiani: l'obbligazione Eni che potrà essere trasformata, nel 2016, in azioni della Snam, nel frattempo ceduta alla Cassa Depositi e Prestiti. O la la Camfin convertibile in azioni Pirelli, scadenza 2017, che permette  di  poter approfittare dell'eventuale riassetto della Bicocca. Il vantaggio delle convertibili, infatti, è quello di poter approfittare di un rialzo della Borsa. Ma è un vantaggio che si paga, perché le cedole delle convertibili sono assai più basse dei bond normali.  NEL BREVE O LUNGHISSIMO... «Restiamo sottopesati sulle Borse dell'area euro. Gli unici settori che ci appaiono a buon mercato sono quelli che riguardano le attività regolate: utilities e  telecom». Un occhio di riguardo per le assicurazioni, favorite dal calo dei tassi (e conseguente ripresa i valore dei titoli in magazziono) più delle banche su cui pende la spada di Damocle della recessione. Ecco, in estrema sintesi, la previsione assai prudente del Crédit Suisse dopo le decisioni della Bce.   In realtà, il boom di Wall Street accompagnata dal rimbalzo della Borsa giapponese promette  di contagiare anche i listini europei, Piazza Affari compresa. Ma attenzione al tempo. Un vecchio detto di Borsa suona: «Vendi in maggio e stai lontano...». Bisogna crederci? John Mauldin, autore di una seguitissima lettera agli investitori,  segnala che, secondo l'andamento dell'indice Dow Jones dal 1950 ad oggi, chi avesse investito 10.000 dollari tra novembre ed aprile per poi uscre dal mercato, si ritroverebbe 684.073 dollari in tasca. Chi avesse fatto il contrario (comprare a maggio, vendere in ottobre) avrebbe perso 1.024 dollari. Fate voi. Al di là dei fattori meteo, a tempi lunghi l'investimento in azioni solide (anch qui occorre un mix geografico e settoriale) è la miglior garanzia contro il ritorno dell'inflazione dal 2015 in poi. Ma guai ad affidarsi al “fai da te”. In un'ottica di lungo termine l'ideale è un Etf (o fondo indice) a commissioni contenute. O un fondo di investimento se avete fiducia nelle arti del gestore.  L'ORO NON SEMPRE LUCCICA Aprile è stato un mese drammatico per i metalli preziosi. L'oro ha perso il 7,5%, l'argento il 15%. L'oro ha anche segnato il prezzo minimo dal febbraio 2011 a 1.320 dollari l'oncia. Solo le ultime due settimane hanno fatto registrare rimbalzo che possiamo ancora giudicare «timido». Da inizio anno oro e argento hanno perduto  rispettivamente il 13% ed il 22%. La tanto decantata funzione di «bene rifugio», che ha fatto la fortuna dei metalli preziosi, sembra esser venuta  meno con i progressi sul fronte del debito pubblico e in Europa e le indicazioni di ripresa dell'economia americana.  Difficile che la situazione (bruschi rimbalzi, ma tendenza al ribasso) cambi nel breve.  Ma se l'orizzonte è a lungo termine, si può chudere con un consiglio (quasi) infallibile: quando leggete del crollo dell'oro, compratene un po'. Non ve ne pentirete. Prima o poi.   

Dai blog