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Ecco l'Agenda Monti:arriva la "svendi-Italia"

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Il "Ft" rivela un piano per unire i colossi telefonici europei. E' solo uno dei possibili shopping che si possono fare nell'Italia in piena crisi: cosa rischiamo di perdere

Andrea Tempestini
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  di Nino Sunseri In mano agli stranieri o allo Stato. L'Agenda Monti sembra dare  ragione a quanti temevano la crisi avrebbe terremotato il profilo dell'economia nazionale. A causarlo ilo carico fiscale, le difficoltà di mercato, le rigidità contrattuali. Molti imprenditori, ormai sfiduciati, escono di scena. Più convenmiente (come ha certificato la scorsa estate Mediobanca) vivere di rendita che disperarsi a fare impresa. I compratori sono alle porte con il portafoglio aperto. Operazioni poco costose vista l'erosione dei valori propvocata dall'Agenda Monti. A bussare le multinazionali interessate ai nostri pezzi pregiati oppure lo Stato attraverso la Cdp. La Cassa ha già in portafoglio attività strategiche come la maggioranza di Eni, Enel, Poste Italiane, Terna e, da poco anche Snam Rete Gas. Poi le sue articolazioni: F2i che sta mettendo insieme un po' di aeroporti (Napoli, Milano, Tofrino) e presenze in campi strategici (tlc, acqua, energia). Fsi che opera come una finanziaria d'investimenti: Metroweb (fibra ottica) e Kedrion (plasoderivati). Gli affari migliori, però, agli stranieri. Ducati finita ad Audi, Avio (motori aerei) a General Electric, Marazzi (leader mondiale delle piastrelle) agli americani della Mohawk, Edison ai francesi di Edf. Adesso una nuova vendita: Ansaldo Energia che, con tutta probabilità finirà ai tedeschi di Siemens. E non si dica, come sostengono tante anime belle, che in fondo se la proprietà è italiana o straniera non fa gran differenza. Basti per tutti l'esempio di Lactalis. Il gruppo francese ha acquistato Parmalat e, poco dopo, è rientrata della spesa utilizzando la liquidità presente nei forzieri. Adesso l'ultima indiscrezione. Riguarda Telecom Italia e l'ha rilanciata il Financial Times. Secondo il quotidiano londinese sarebbe in corso una trattativa per creare un'unico, gruppo telefonico europeo. I "registi"  sarebbero Joaquin Almunia, commissario Ue alla concorrenza, è i manager dei più importanti network nazionali, con Deutsche Telecom, France Telecom, Telecom Italia e Telefonica in prima linea.  Quello che non è riuscito (per ora) a governi e banche, potrebbe riuscire agli operatori di telefonia? Al momento si tratta solo di un'ipotesi. Chi sostiene l'idea, Almunia in testa, di un'Unione telefonica spiega che questa potrebbe essere una soluzione per superare la frammentazione dei mercati nazionali che fino ad ora hanno impedito una vera concorrenza. Non solo: una nuova compagnia nata dalla fusione degli operatori nazionali, dicono i sostenitori dell'ipotesi, avrebbe più capacità di sviluppare la rete di nuova generazione. E per i consumatori potrebbero arrivare tariffe unificate su tutto il territorio europeo.  Ma che numeri potrebbe avere la rete unica europea? Per ora provare a tracciare un profilo della nuova infrastruttura resta poco più che un'esercizio di stile. Solo un gioco. Comunque interessante. Nascerebbe un colosso con 700 mila dipendenti e un fatturato di quasi duecento miliardi.  I dati descrivono un network che, nel 2011, ha contato 94,5 milioni accessi alla rete fissa così suddivisi: 21,7 milioni Telecom Italia, 29,4 France Telecom, 23,4 Deutsche Telekom e 20 Telefonica. Non solo. L'operatore europeo potrebbe avere la forza di offrire la nuova rete in fibra in modo più omogeneo tra i paesi europei.Provocazione o  ipotesi concreta?  «Il progetto in discussione è più una provocazione che una possibilità concreta - spiega Cristoforo Morandini, associated partner dell'Osservatorio Banda larga Between -. Di fatto è un modo per ribadire come le mutate condizioni competitive richiederebbero un ulteriore consolidamento degli operatori e questo su una scala sovrannazionale». In ogni caso l'Italia sembrerebbe, tanto per cambiare, destinata a fare la figura del vaso di coccio. Telecom Italia, con un giro d'affari di 30 miliardi (pari al suo indebitamento) è la più piccola delle qwuattro sorelle. France Telecon è grande una volta e mezzo (46 miliardi). Le colossali Deutsche Telekom e Telefonica addirittura il doppio. Se aggiungiamo che il gruppo spagnolo è il principale azionista del gruppo italiano è facile immaginare quale sarebbe la distribuzioone dei pesi nel nuovo gigante. In testa Berlino e Madrid (che può contare sull'importantissima presenza in tutta l'America Centro-meridionale dal Rio Bravo alla Terra del Fuoco). In mezzo Parigi. Roma terrebbe le briciole in termini di governance.  Il settore telefonico, un tempo orgoglio nazionale, diventerebbe ancillare rispetto al blocco trans-europeo. Gli unici a essere felici sarebbero gli azionisti. Non a caso ieri il titolo Telecom ha guadagnato il 9 per cento.  

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