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Le nomine sessiste dei democratici:"Sì, è bravo. Ma non è donna..."

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Il governo propone il professor Varesi alla presidenza dell'Isfol. Ma arriva il "no" dei democratici: ha i requisiti però i maschi ora sono troppi

Andrea Tempestini
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  di Brunella Bolloli  No, l'uomo no. Piuttosto qualunque donna, ma il maschio è out. Si faccia più in là. Sciò. Vade retro, ometto. Le signore del Pd sono in guerra. In primis con il governo e con il ministro (donna) Elsa Fornero che «non rispetta la parità di genere», poi, ovvio,  con l'usurpatore, uomo. Ora, va bene la frustrazione per anni passati a lisciare il pelo ai signori e a subirne di ogni, destinate ai gradini più bassi della piramide del potere, ma qui siamo al sessismo alla rovescia. Alla bocciatura dell'altro solo perché è un lui e non una lei. Non è più una questione di merito, ma di bieca lotta di genere, con il gentil sesso che mostra i muscoli e sfodera la scimitarra.  Sentite cosa è successo in Commissione Lavoro della Camera. All'esame c'era la discussione sulla proposta di nomina del professor Pietro Antonio Varesi a presidente dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (Isfol). Proposta avanzata dal governo nella persona del ministro Fornero e sottoposta alla Commissione per un parere di competenza obbligatorio, anche se non vincolante. Il relatore Giuliano Cazzola (Pdl) ha presentato il candidato dando lettura di un curriculum vitae «di assoluto rilievo». Ha ricordato che Varesi, docente universitario, ha rivestito incarichi importanti, è stato componente del comitato tecnico-scientifico Isfol e ha svolto il ruolo di presidente dell'Agenzia del lavoro della provincia di Trento. Insomma, l'uomo giusto al posto giusto. Su questo tutti d'accordo. Il problema, però, sta proprio lì: Varesi non è ancora diventato donna. E pare non ne abbia intenzione. Ha i titoli che servono per l'Isfol, ma sul sesso... quello è. Prendere o lasciare.   Le donne del Pd hanno deciso di lasciare. Ieri sono uscite dall'aula e hanno fatto mancare il numero legale, per cui tocca aspettare la prossima volta. Sia Maria Grazia Gatti, che Marianna Madia che Lucia Codurelli hanno spiegato le loro ragioni: «Siamo contrarie a questa nomina, non per una valutazione negativa circa il profilo professionale del candidato, ma perché vogliamo fare rispettare un principio di parità di genere, sul quale il governo ha assunto precisi impegni di fronte alla Commissione». Tradotto: Varesi ha gli attributi, forse fin troppi. Quindi lo bocciamo. Peccato che il capogruppo Pd alla Camera ne avesse dato il via libera. Sia il presidente Silvano Moffa che Cazzola, per anticipare le polemiche, avevano accennato alla presunta mancanza di candidature “in rosa”. Il relatore ha perfino fornito i dati del ministero dai quali si nota che (la) Fornero ha nominato in prevalenza figure femminili, (il rapporto è di 2 uomini e 12 donne rispetto ai 10 maschietti a 3 del precedente governo). Ma non è servito. «L'ennesima candidatura maschile prospettata dall'esecutivo», ha tuonato la Gatti, «pone un problema che non può essere sottovalutato. Nel mondo femminile esistono significative professionalità ed esperienze pienamente in grado di adempiere ai requisiti richiesti». Nulla di fatto quindi. Anche perché, come ha notato Cazzola con una battuta, «il Parlamento inglese può fare tutto tranne che trasformare l'uomo in donna. In Italia le signore del Pd vogliono questa trasformazione». Se non ora quando. Il merito, dopo. Fornero c'è rimasta male.   

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