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"Abbiamo fame", studenti in rivoltaper la dieta-Michelle

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I ragazzi contro il menu ipocalorico imposto dalla First Lady

Eliana Giusto
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di Glauco Maggi La “dieta di regime” firmata Michelle Obama sta facendo nascere un “movimento studentesco” che, magari non altissimo di ideali, vorrebbe però almeno essere più ricco di calorie e carboidrati. “Abbiamo fame”, il titolo di un video che impazza su YouTube  (http://www.youtube.com/watch?v=2IB7NDUSBOo , visto da oltre 250mila persone) è il nuovo slogan di scolari dalle elementari ai licei, spalleggiati dagli insegnanti, che protestano contro la “legge sulla nutrizione” che il Congresso ha votato nel 2010 quando era a maggioranza democratica. E su una pagina di Facebook gli studenti sono invitati a mettere le foto dei loro magri pasti.  La misura, voluta fermamente dalla First Lady che l'ha propugnata dal suo orto organico alla Casa Bianca, dà al ministero dell'Agricoltura nuovi e larghi poteri nel dettare che cosa può finire sulla tavola di tutte le mense scolastiche della nazione, e che cosa è bandito. In numeri, mentre la “Guida al cibo per chi fa sport” (A Guide to Eating for Sports sul sito no-profit http://kidshealt.org ) suggerisce da 2000-3000 calorie al giorno per bambini sedentari e fino a 5000 per chi pratica attività dispendiose, la Dietologa in Capo prevede 750-850 calorie per il pranzo di mezzogiorno che viene normalmente servito a scuola. Poiché non è solo un problema di quantità calorica ma di genere e qualità dei piatti, il risultato è che il cibo gettato (carote, broccoli, pesche e altri vegetali sono tra i più rifiutati) è aumentato del 20% in un anno, secondo il direttore scolastico di un distretto rurale del Kansas. Frutta e verdura, infatti, vengono messe per forza nei vassoi, anche se non sono richieste dai ragazzi. Nel Wisconsin, la protesta è venuta dagli allievi dei licei che fanno sport, una altissima percentuale poiché negli Usa l'educazione fisica è una materia obbligatoria, presa sul serio e competitiva. E a Pierre, in Sud Dakota, la rivolta ha preso la forma dello sciopero della fame. «Ho un sacco di amici che a mezzodì prendono solo un bicchiere di latte e non consumano un vero pranzo», ha detto una ragazzina delle medie al sito Keloland.com.  Il paradosso è che l'insoddisfazione dei giovani ha un prezzo salato per le famiglie. Non solo perché devono “compensare” a casa con colazioni del mattino, merendine e cene più abbondanti, tutto presumibilmente meno sano di prima, ma proprio perché in media i piatti serviti costano 25 centesimi di più, cadauno. Il mercato, che è insopprimibile, sta intanto creando opportunità. A New Bedford, Massachusetts, gli studenti hanno istituito un “mercato nero” per lo sciroppo di cioccolato, che viene contrabbandato nei corridoi e venduto a prezzi da strozzino. Del resto Nancy Carvalho, direttore dei servizi alimentari per le scuole di quel distretto, ha ammesso che l'hummus e l'insalata di fagioli neri non sono stati bene accolti, con un eufemismo, dai bambini delle elementari. Ma anche se i più piccoli arrivano al pomeriggio con i crampi della fame, ciò non smuove gli inflessibili funzionari di Michelle, che il giornalista radiofonico Mark Levine ha definito «la nuova Eva Peron con i suoi standards alimentari» e «tiranna». «Penso che dobbiamo tenere bene in testa che se i bambini dicono che hanno ancora fame è perché molti di loro non sono abituati a mangiare frutta e vegetali a casa, e meno che mai a scuola» ha detto il sottosegretario del dipartimento dell'agricoltura Janey Thornton. O mangi questa minestra, o salti dalla finestra, si diceva una volta nelle famiglie. Ma erano, appunto, parole della mamma o della nonna,  l'ambito naturale dell'educazione al rispetto per il cibo. Se il governo si sostituisce nella missione di far ingerire ai cittadini broccoli e spinaci non fa bella propaganda di sé, e figuriamoci dei fagioli neri.

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