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La morte di D'Ambrosio,un "caso" quotidiano

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Va bene così, caro Di Pietro e amici. Guardiamo oltre. Ma state zitti

Andrea Tempestini
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  Al caso bisogna credere, sennò è finita. Durante Mani pulite, quindi, fu un caso la morte di Franco Franchi, dipendente di una Usl, suicida col gas. Furono casi il costruttore comasco Mario Maiocchi (indagato, si sparò) e il democristiano Valterio Cirillo (prosciolto, ma si gettò dal sesto piano di casa) e l'altro democristiano Cino Mazzolaio (quasi settantenne, indagato: si lasciò morire nel fiume Adige) per non palare del deputato Sergio Moroni (suicida con una fucilata) e del cassiere socialista Vincenzo Balzamo (infarto dopo un avviso di garanzia) e poi di altri suicidi come Gabriele Cagliari e Raul Gardini più un paio di ufficiali della Guardia di Finanza. Le morti improvvise e i suicidi - basti pensare al caso di Francesco Mercuriali, un professore indagato che si uccise con una coltellata - sono proseguite sino a oggi: un caso. E al caso bisogna credere. Dunque è un caso, pure, che ogni volta Antonio Di Pietro faccia registrare la sua excusatio non petita: stiamo parlando dell'uomo che ad aprile accusava Mario Monti di avere sulla coscienza tutti i suicidi del Paese. Furono un caso anche quelli: dobbiamo crederlo, sennò è finita. Anche la morte di Loris D'Ambrosio quindi è un caso: va bene così, caro Di Pietro e amici. E' un caso. Dunque guardiamo oltre, andiamo avanti. Lasciamo fare al caso. Però ecco: magari zitti. Un po' di silenzio. Lasciamo fare al caso. Insomma, non rompeteci il caso.   di Filippo Facci  

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