Merkozy non c'è più. E noi rischiamo
Per salvare l'euro, ha detto Mario Monti al G20, ci restano solo dieci giorni. Anzi nove, visto che le delegazioni sono ripartite dal Messico senza aver ottenuto un impegno da parte di Frau Angela Merkel, sempre dura d'orecchi quando si tratta di prevedere quattrini da impiegare per sostenere i partner dell'Unione Europea. Il ritornello del Cancelliere, da mesi, è: prima ci vuole un esplicito impegno a mettere in comune la gestione di buona parte della politica dei singoli Paesi. Solo dopo, quando disporrà di un esplicito potere di veto e di condizionamento delle spese altrui, la Germania accetterà di mettere la sua ricchezza a disposizione della nuova Europa. Una visione di questo tipo ha ben pochi supporter oltre la linea del Reno. E questa, probabilmente, è la novità che rende ancor più drammatica ma anche più trasparente la sfida attorno alle sorti dell'euro o, meglio ancora, dell'intera Europa. Fino a pochi fa, infatti, ha retto, all'insegna dell'ipocrisia, l'asse tra Berlino e la Francia versione Sarkozy. Leggi l'articolo integrale di Ugo Bertone su Libero in edicola oggi, giovedì 21 giugno o acquista l'edizione digitale