Il sottosegretario e la frode fiscale: "800mila euro in nero"
L'accusa al vice della Giustizia Andrea Zoppini: maxi-consulenza di facciata, truffa da 200 milioni di euro
E tre. Dopo Corrado Giacomini, il capo azienda, ed Elena Giacomini, la sorella, l'inchiesta della procura di Verbania sulla presunta frode fiscale internazionale commessa dagli imprenditori nel settore della rubinetteria, per la quale è finito sotto inchiesta anche Andrea Zoppini, l'ormai ex sottosegretario alla Giustizia, ieri è finito in manette Alessandro Jelmoni, già coinvolto nel crac di Parmalat. Jelmoni si è costituito a Milano per poi essere trasferito nel carcere di Verbania. Secondo gli inquirenti, attraverso la sua attività di broker avrebbe contribuito a mettere in piedi il giro di fatture false, riciclaggio ed esportazione illegale di capitali per il quale tre giorni fa sono stati arrestati i fratelli Giacomini. Per Giulia Perrotti, procuratore capo di Verbania, gli amministratori della società avrebbero realizzato, attraverso un «collaudato sistema di frode e ripulitura del denaro», un trasferimento «di ingenti somme», c'è chi parla addirittura di 200 milioni di euro, all'estero. I compensi in nero - Guardia di Finanza e Carabinieri sono al lavoro per scoprire la destinazione finale dei flussi di denaro. Ieri perquisizioni si sono svolte in Marocco e Lussemburgo e, con altri obiettivi, anche nell'ufficio del senatore della Lega Enrico Montani. Gli inquirenti sospettano che Giacomini lo abbia corrotto al fine di ottenere, a Palazzo Madama, l'approvazione di agevolazioni fiscali per il settore dei prodotti industriali. Ipotesi negata dal senatore: «Nessuna promessa, né dazione di denaro». Insieme a Zoppini sono circa un ventina le persone iscritte nel registro degli indagati. Secondo l'accusa, rispetto alla quale Zoppini si è detto certo di poter «chiarire ogni aspetto che mi riguarda», l'ex sottosegretario del governo Monti avrebbe aiutato i titolari della Giacomini Spa a realizzare la frode fiscale internazionale con una consulenza per la quale il giurista - titolare della cattedra di diritto privato all'università di Roma Tre - sarebbe stato ricompensato, secondo le ipotesi formulate dai magistrati piemontesi, con 800mila euro in nero su conti esteri. Due giorni fa è stato lo stesso Zoppini a rivelare di essere stato raggiunto da un'«informazione di garanzia» per frode fiscale e dichiarazione fraudolenta. Colpi di pistola - I fatti che riguardano l'ex sottosegretario risalgono a diversi anni fa. Ma il velo sulla vicenda a carico degli specialisti in rubinetti e impianti di raffreddamento è stato squarciato definitivamente il 6 settembre dello scorso anno, quando verso l'automobile di Corrado Giacomini furono sparati alcuni colpi di pistola da un commando appostato davanti alla villa dell'imprenditore, ai piedi del Sacro monte d'Orta. Un episodio oscuro che fa il paio che le minacce di morte che alcuni soci dell'azienda hanno denunciato di aver subito da persone legate ai Giacomini. Circostanza, questa, su cui sta ancora indagando la polizia giudiziaria. Ascesa a rischio - Il contrasto con il mondo accademico in cui Zoppini, a passi felpati, inizia la sua ascesa nei palazzi romani che contano non potrebbe essere più marcato. Diventato, a soli 33 anni, professore ordinario di Giurisprudenza, l'ex vice di Paola Severino a via Arenula brucia le tappe grazie ad una schiera di amicizie bipartisan. I due Letta, tanto per cominciare: il democratico Enrico, che lo sceglie come consigliere giuridico di Palazzo Chigi dopo la vittoria del centrosinistra nel 2006, e il berlusconiano Gianni, che lo conferma due anni dopo quando alla presidenza del Consiglio arriva il Cavaliere. Ma soprattutto, Zoppini vanta una lunga e solida amicizia con Giulio Napolitano, il figlio del presidente della Repubblica con il quale condivide la passione per l'insegnamento e quella per i libri, al punto da firmare un volume sulle authority insieme (nel 2009). di Tommaso Montesano