Uscire dall'euro si può
Tutto come previsto. Purtroppo in peggio. L'Unione europea ieri ha certificato (tentando poi una goffa retromarcia) ciò che noi di Libero andiamo dicendo da un pezzo, ovvero che i conti di Monti non tornano e il prossimo anno, per farli quadrare, sarà necessaria un'altra manovra. Fuori dalla terminologia meccanica, significa che bisogna prepararsi a una nuova stangata, perché quella di dicembre, che ha quasi ammazzato la nostra economia, non ha dato i risultati sperati. Come è noto, nonostante le tasse, il debito pubblico non è diminuito ma al contrario aumentato, mentre il prodotto interno lordo invece di aumentare è diminuito. Per il bilancio dello Stato si tratta di un mezzo disastro, perché se il debito sale e il Pil scende vanno in vacca tutti i parametri, in particolare quelli usati dagli investitori per decidere se comprare oppure vendere i nostri titoli di Stato. In tre parole, siamo nella palta. Con il rischio che agitandoci di più, si vada a fondo più in fretta. Già, perché se con la stangata con cui il bocconiano ci ha dato il benvenuto siamo rimasti storditi, con la successiva rischiamo di rimanere esanimi. I dati dei primi mesi dell'anno sono da bollettino di guerra, sia per le imprese defunte che per la disoccupazione, senza parlare del numero di suicidi tra imprenditori e operai. Ma con l'inasprimento della pressione fiscale si rischia il crac. Quante imprese e quante persone del ceto medio saranno in grado di sopportare una nuova stretta del Fisco? Ora molti boccheggiano, in seguito smetteranno di respirare. Certo, recuperare un po' di ossigeno non sarà facile, ma almeno bisognerebbe provarci, attuando la riduzione della spesa, ma questo governo tutto sembra intenzionato a fare tranne che tagliare. Anche la nomina del commissario ad acta per gli sprechi pare una presa in giro: finora si è parlato di spegnere la luce negli uffici pubblici e altre amenità del genere. Ma di usare il macete per ridurre i costi degli enti pubblici neanche a parlarne. Risultato: è assai probabile che per raggiungere il pareggio di bilancio Mario Monti ricorra alla soluzione più facile, vale a dire l'aumento delle tasse. Il che per la nostra economia equivarrebbe a una ulteriore riduzione dei consumi, con conseguente calo delle entrate. In pratica, mettendo un'altra volta le mani in tasca agli italiani saremmo daccapo: l'economia rallenterebbe, le entrate diminuirebbero e i conti peggiorerebbero. Una spirale da cui sarebbe difficile uscire. A soli sei mesi di distanza dall'insediamento del governo appare dunque chiaro che questa non è la ricetta per uscire dalla crisi, semmai per rimanervi. Pertanto è indispensabile trovare un'altra exit strategy che ci consenta di salvare il Paese. Per noi la via maestra continua a rimanere il taglio dei costi della politica, la riduzione della pubblica amministrazione e lo smantellamento del sistema clientelare. Ma, fossimo nei panni di chi ha il compito di dirigere la nostra politica monetaria ed economica, cominceremmo a pensare anche all'uscita dall'euro. La fine della moneta unica è alle porte, come provano le dichiarazioni europee di ieri, con cui per la prima volta si ipotizza di abbandonare la Grecia al proprio destino. La prospettiva è ormai argomento di dibattito pubblico, in particolar modo fra gli imprenditori, i quali intravedono il vantaggio per le proprie aziende e si preparano ad approfittarne. Chi invece non appare affatto pronto alla rottura della moneta unica è il governo. La fede cieca di Monti nell'Europa lo sta spingendo miopemente sull'orlo del crac. Il nostro primo ministro avanza imperterrito sulla via del rigore voluto dalla Germania, senza pensare ad altro. Neppure sembra essersi accorto che in pochi mesi su 27 governi dei paesi che compongono l'Unione 16 sono saltati, mentre di quelli che fanno parte dell'euro 10 su 17 hanno gettato la spugna. Che altro deve succedere per capire che quella intrapresa non è la via per il risanamento ma per l'affossamento? In Grecia sono cresciuti i nazisti e i comunisti. Da noi chi si vuole far crescere? I terroristi? di Maurizio Belpietro