Nella Milano di Pisapiaoccupano pure i grattacieli
Blitz dei no global alla Torre Galfa. Boeri gradisce: "Troppi spazi vuoti"
Sono entrati dietro i vetri grigi come il cielo alle undici del mattino. «Conquistiamo gli spazi abbandonati dalla speculazione». L'ultimo trofeo degli antagonisti si innalza fino a 106 metri di altezza: in cima al quinto grattacielo di Milano, la Torre Galfa, ora sventola lo striscione dei «collettivi dell'arte». «Si potrebbe anche pensare di volare». Blitz anarchico - L'appendice anarchica dello skyline milanese guarda da un lato il Pirelli e dall'altro Palazzo Lombardia. Acquistata nel 2006 dalla Banca Popolare, la Torre Galfa è precipitata nel degrado a causa di un restyling rinviato e mai partito: nel '59 il missile di cemento all'incrocio tra via Galvani e via Fara - da qui il nome di Galfa - era il simbolo del boom economico a due passi dalla stazione Centrale; ieri l'hanno sequestrata in 150 tra studenti, precari e militanti dei centri sociali abituati a pellegrinare tra case occupate. Deserta da sei anni, la Galfa si è consegnata senza opporre resistenza: il guardiano di turno per conto della proprietà, un'immobiliare dell'orbita Fonsai-Ligresti, si è trovato di fronte l'orda barbarica e non ha potuto far altro che chiamare la polizia. Recinzione abbattuta e via di corsa dentro il «simbolo della speculazione». Obiettivo: «Creare uno spazio di sperimentazione artistica». Il blitz ha riunito schegge di contestazione da tutta Italia. Gli occupanti del teatro Valle di Roma (ai quali è ispirato il blitz), gli autonomi dell'«Asilo della conoscenza e della creatività» di Napoli, i Corsari meneghini. Tutti riuniti - si legge nella delirante rivendicazione - «perché la cultura si riprenda con forza un pezzo di città in risposta alla devastazione neoliberista che ha umiliato gli abitanti». Il grattacielo è vuoto? Legittimo occupare. "Torre Macao" - Dopo l'irruzione abusiva, è arrivato anche il nome di battesimo illegale. I no global hanno deciso che la Torre Galfa d'ora in poi si chiamerà «Macao» e stilato il primo calendario degli eventi: ieri sera, dopo l'assemblea pubblica, festa notturna con la partecipazione (annunciata) di Francesco Sarcina delle Vibrazioni. Il fantomatico «centro per le arti» verticale, in realtà, si è ridotto al viavai di furgoncini e camion. Si scaricano casse acustiche, materassi, attrezzi. Birre e computer. Si fa da mangiare e si twitta dai Mac e dagli iPhone. L'allacciamento elettrico? Abusivo, ovviamente. Niente sgombero - La digos si è fatta vedere nei dintorni del palazzo, ma per il momento le forze dell'ordine non hanno ancora programmato nessun intervento di sgombero. Il blitz, oltre che per ripristinare la legalità, potrebbe anche servire a garantire la sicurezza degli antagonisti. Gli ascensori sono fuoriuso da tempo, i muri interni sventrati e zeppi di fili elettrici a vista. L'amianto, almeno questo, è stato bonificato tre anni fa in vista della ristrutturazione interna mai avviata. Nel pomeriggio gli abusivi si sono riuniti al primo piano del palazzo, peraltro affacciato sul cortile di altri edifici zeppi di abitazioni e uffici. Nel quartiere, dove si ricorda con orrore l'occupazione della storica palazzina di via Adda da parte dei rom, si spera che l'«esperimento culturale» duri il meno possibile. Dalla giunta Pisapia nessuna parola di condanna. Anzi, ieri pomeriggio Stefano Boeri ha incontrato i manifestanti: «Non condivido il metodo dell'occupazione abusiva, ma credo che il problema posto sia ineludibile: a Milano troppi spazi di grande qualità restano vuoti (perchè sfitti e invenduti) quando invece potrebbe essere utilizzati temporaneamente -in attesa della destinazione definitiva- per ospitare imprese e attività creative che chiedono luoghi disponibili per lavorare e fare cultura». Insomma, mano tesa agli abusivi. «Se lo spazio è privato si tratta di un reato» commenta il presidente della commissione Sicurezza Mirko Mazzali (Sel), «di certo la carenza di spazi sociali in città è un problema. Vanno messi a bando e assegnati, in questo modo credo diminuiranno anche queste situazioni». I nuovi inquilini promettono «performance continue, dibattiti, laboratori sperimentali». In assemblea è intervenuto anche un ammirato Antonio Caronia, docente dell'Accademia di Belle Arti di Brera: «Il carattere di novità, nella produzione di linguaggi e immaginari, di creazione di relazioni umane, che queste iniziative stanno assumendo, anche rispetto alla tradizione dei centri sociali». Giò Ponti aveva definito la Torre Galfa «uno spettacolo». Ora è diventato il centro sociale più alto d'Italia. di Massimo Costa