I segreti di Cinecittà: viaggio nei locali, finora chiusi al pubblico, degli Studios
Ciak, Cinecittà si rivela. Per tutto il mese – fino al 28 Aprile – a svelarsi sarà il suo cuore pulsante, con tre ambienti inediti che spalancheranno le porte a scuole, famiglie, turisti o semplici curiosi: l'Attrezzeria, la Falegnameria e il Cinegarden. Raccontati ai visitatori dalle guide o direttamente dai professionisti e dagli artigiani degli Studios di via Tuscolana. Ma senza illusioni, perché a parte il mitico Teatro 5 di Federico Fellini, il passato dentro Cinecittà è qualcosa che appartiene più alla magia che si respira nell'aria, che non agli ambienti reali, che sono in continua trasformazione. La “Hollywood sul Tevere”, fondata nel 1937 su un'area dell'Agro romano di ben 70 ettari (tra le più grandi in Europa), come spiega lo scenografo premio Oscar Dante Ferretti: «Non so se a Cinecittà c'è qualcosa di segreto, io conosco tutto (sorride). Questo non è un museo ma un complesso in continua evoluzione: i teatri di posa sono soggetti a restyling, le scenografie si fanno e si smontano, talvolta con dispiacere: sul set dove oggi si gira il kolossal Rome, io ho lavorato per il Nome della Rosa (di cui sempre qui si girerà il remake, ndr) e per Gans of New York di Scorsese». Ferretti, che dentro gli Studios sta progettando il Museo dedicato a Fellini nei vecchi locali dove un tempo si sviluppava la pellicola, mantiene da 40 anni anche un suo laboratorio nei vialetti più interni, lontani dal caos dei set. Uno spazio che non è incluso nelle visita guidate, ma dove vale la pena andare a bussare, se trovate chi vi apre. Anche solo per ammirare i cimeli (i bozzetti, i quadri, le tantissime foto con i più grandi registi e attori del mondo e i premi vinti in centinaia di Festival) che adornano le pareti della sua officina creativa. Cinecittà è vita: ciak. motore, azione! E' l'inganno che si fa più vero della realtà. Dentro la Falegnameria, che occupa 35 maestranze su 800 metri quadri di officina, si ricreano preziosi marmi (magari di cartone pressato) o splendide porte in legno (fintamente invecchiate) come quelle del remake del kolossal Ben Hur, ricreando i “sapori” del vissuto per i set più svariati: dall'ufficio del commissario Montalbano, alla cappella Sistina della fiction tv The young Pope fino ai tombini parigini di uno spot per Chanel. A dominare l'Attrezzeria 107, dove sono repertati ed esposti tutti gli oggetti di scena del kolossal Rome, è invece un grande plastico di Cinecittà vista dall'alto,realizzato per il film L'Intervista di Fellini dell'87. Siamo nel regno del trionfo del plausibile, dove i “props” (oggetti funzionali alla scena) e i “set dressing” (oggetti di arredo sullo sfondo) vengono mischiati e riutilizzati, in diversi set, anche in modo non strettamente filologico. Perdersi ad ammirare questi incredibili manufatti di scena è, di per sé, un incredibile viaggio nelle scenografie del cinema di genere. Infine, la parte forse meno nota e accessibile svelata al pubblico è il Cinegarden: un incrocio tra un vivaio e un laboratorio, creato nel 2000 per l'allestimento dei set più naturalistici: dal labirinto del remake de “Il nome della Rosa” fino agli ulivi del set di The young Messiah del 2015. E' la carta d'identità naturalistica di Cinecittà, dove l'aspetto realistico della finzione è fondamentale. Basta toccare con mano il muschio (vero) innestato sulle rocce (finte) del set di Wonderwall, o il canneto rigenerato tutti i giorni del remake del peplum Ben Hur. Un ambiente magico, in cui Martin Scorsese ama passeggiare in mezzo ai pini secolari, prediletti dal cineasta americano rispetto alle più dozzinali palme hollywoodiane. Il mito di Cinecittà è anche nel suo cuore verde. di Beatrice Nencha