Piedone l'americano contro il bullismo, Il film «Bigfoot junior» reinventa il leggendario mostro dei boschi
Come le apparizioni dei cerchi nel grano, anche quelle dei Bigfoot sono diventate materia di studio - e di fiction - per migliaia di appassionati in tutto il mondo. Cos' è il «bigfoot»? Secondo la leggenda, si tratterebbe di un ominide - una creatura alta fino a tre metri e dal corpo interamente ricoperto di peli, sorta di incrocio tra un uomo e un primate - che vive isolato tra le montagne boscose del Nord America. I Nativi americani li chiamano «Sasquatch» o «hairy giants», ovvero bipedi umani con indosso abiti e strumenti, caratterizzati da una folta capigliatura e dal peso di oltre 500 libbre (225 kg). Per loro, non sono dei mostri bensì i guardiani della foresta. Come per tutte le creature leggendarie di un certo rispetto, dalle sirene al mostro di Loch Ness, anche per i Bigfoot si sono moltiplicate le narrazioni fantastiche, a metà tra scienza e paranormale. Così ogni anno il mito del Bigfoot attira turisti da tutto il mondo nei boschi del Canada e dell' America settentrionale. Mentre ogni nuova stagione lo show «Finding Bigfoot», uno dei più seguiti di Animal Planet, tiene inchiodati migliaia di spettatori alla ricerca del presunto ominide dei boschi. Della cui esistenza, tuttavia, non c' è mai stata alcuna evidenza scientifica. Se non alcune riprese sfocate, scattate nella boscaglia del Bluff Creek in California e in regioni confinanti, che per i seguaci del «Piedone» sono tra le più attendibili prove della sua esistenza. Su Youtube, i presunti avvistamenti e catture di alcuni esemplari riscuotono milioni di visualizzazioni, a tutto beneficio degli sponsor e delle trasmissioni sul paranormale. Anche se, ad oggi, manca uno scheletro o dna a fissarne l'esistenza. Ma il mito, si sa, è più forte di qualsiasi esame di laboratorio. È bastato il rinvenimento tra i boschi di alcune impronte giganti - secondo il mito, il Bigfoot lascerebbe tracce di 43 cm sul terreno - molte delle quali fabbricate da un certo Ray Wallace, un costruttore con un debole per le burle - a mettere in moto la macchina del business. Produttori di Hollywood in testa. Nell' iconografia cinematografica, l'ispirazione va dai costumi dei protagonisti de Il pianeta delle scimmie, passando per The Legend of Boggy Creek (finto documentario degli anni '70, antesignano di The Blair Witch Project), fino ad aver plasmato, secondo numerosi fan di Guerre stellari, la fisionomia del gigante buono Chewbecca, che nel film dovrebbe però essere uno Wookiee (anche se molti suoi tratti corrispondono a quelli del Bigfoot). Anche l'universo dei cartoni animati non ha resistito al fascino di questa montagna di peli, metà ominide e metà Yeti. In Monsters & Co. della Pixar, il Bigfoot è menzionato come uno dei mostri banditi da Mostropoli, ma rassomiglia non poco anche al protagonista Sulley, il gigante a chiazze azzurre e viola dal cuore d' oro. E da ieri, lo ritroviamo protagonista assoluto in un bel lungometraggio animato, Bigfoot Junior (distribuito nelle sale italiane da Koch Media), che prende spunto dalla diversità antropomorfica del Bigfoot - secondo la leggenda, in grado di parlare con gli animali e dotato di udito più potente di Batman, oltre che di una capigliatura che ricresce a velocità straordinaria, su cui vorrebbero lucrare scienziati senza scrupoli - per raccontare la «diversità» di un adolescente, Adam, alle prese con i bulletti di scuola e con un mondo adulto che poco tollera chi non è omologato ai propri standard. Girato in 3D, è un film divertente e pieno di piccole e grandi creature pelose, ideale per far comprendere che la «diversità» non è un male. Semmai, una risorsa. di Beatrice Nencha