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Giorgia Meloni e "il conflitto d'interessi M5s": deputati grillini al concorso per consiglieri parlamentari

Ecco un altro modo furbo per aggirare il limite dei due mandati: non farsi eleggere, ma farsi assumere dalla Camera. Così un tot di deputati grillini ha pensato di iscriversi al concorso per consiglieri parlamentari. La legge non lo vieta. Certo, si pone un serio problema di opportunità, visto che a presiedere Montecitorio c' è Roberto Fico, uno di loro. Il caso è stato sollevato dal deputato questore Edmondo Cirielli che, riferisce l' Adnkronos, ha inviato una lettera al presidente della Camera per saperne di più. Al momento vige una ferrea privacy sull' identità dei quindicimila candidati. È tuttavia opportuno, insiste l' esponente di Fratelli d' Italia, sapere se tra gli aspiranti consiglieri c' è qualcuno che già siede a Montecitorio, eletto dai cittadini. Un nome già c' è. Si tratta del portavoce Gianfranco Di Sarno. Lo ha scovato il Messaggero. Il deputato grillino, per tirarsi fuori dall' imbarazzo, ha dato una spiegazione curiosa: è stata una sua amica a presentare la domanda per lui. Iscritto al concorso sì, ma a sua insaputa.  Leggi anche: "Nei sondaggi crescono solo loro". Travaglio, la grottesca difesa d'ufficio del M5s Nella polemica è intervenuta anche Giorgia Meloni: «Chiediamo che i parlamentari non possano partecipare per palese conflitto di interessi» al concorso indetto per consigliere parlamentare, «perché la Camera non può diventare il luogo dove diamo il reddito di cittadinanza a vita ai parlamentari Cinquestelle che non vengono rieletti», scrive la presidente di Fratelli d' Italia in un post su Facebook. Il posto fisso - D' altronde non è un periodo facile per i Cinquestelle. Ed è umano che, data l' incertezza del presente, qualcuno cerchi sicurezze nel futuro. Il posto fisso. Non è stato un bell' affare farsi eleggere con il M5s. Tra restituzioni e obolo all' associazione Rousseau, in mano agli onorevole grillini resta ben poco. Molti stanno pensando di andarsene. Soprattutto alla Camera ci sarebbero i numeri sufficienti (20) per costituire un gruppo autonomo. Gli scissionisti non vogliono far cadere il governo, ma sostenerlo al di fuori del perimetro pentastellato. E questa intenzione ha una forte tara economica. La politica c' entra poco. Ma anche tra chi si è rassegnato a rimanere vale la logica della disobbedienza. Il 70 per cento dei parlamentari, infatti, non è in regola con le restituzioni dell' indennità. Tanti non versano un euro da maggio. E non c' è solo la manovalanza, magari quella arrabbiata perché finita fuori dall' elenco dei posti di governo. Tra i morosi figura un ministro che finora ha versato zero. Manca poco tempo - Per mettersi in pari c' è poco tempo, fino al 31 dicembre, informava una circolare qualche settimana fa, dopo scatterà la gogna: «Le ricordiamo che gli impegni da Lei assunti, all' atto della sua candidatura con il MoVimento 5 Stelle, oltre a costituire una vera obbligazione giuridica, come di recente affermato dall' Agenzia delle Entrate, costituiscono anche e soprattutto un impegno morale nei confronti di tutti i cittadini italiani e, in particolare, di quelli che l' hanno votata». I toni della lettera non sono proprio amichevoli. Ma è il clima generale che è inquinato. Ieri si è tenuta una lunga riunione dei "facilitatori", la classe dirigente scelta da Luigi Di Maio (e Davide Casaleggio) per accorciare le distanze tra vertici e base parlamentare. Tante chiacchiere e l' impegno a rimettere in sesto le cose a partire da gennaio 2020. Nel frattempo però il malessere cova nei gruppi. Nelle prossime ore potrebbe trovare un detonatore nella fiducia sulla manovra economica. Alcuni deputati 5s hanno già fatto sapere di non volerla votare. Al Senato i tre che sono andati con la Lega - Ugo Grassi, Stefano Lucidi, Francesco Urraro - potrebbero essere seguiti da altri malpancisti. Il Carroccio sta facendo una corte spietata. Anche questa cosa dell' ultimatum sulle restituzioni potrebbe spingere vari morosi alla porta di uscita. Tra i "ritardatari" c' è il senatore Mario Michele Giarrusso, in rotta di collisione con Luigi Di Maio (non da oggi) e non ostile alla Lega. A dispetto del capo grillino, Giarrusso, che siede nella Giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama, ha annunciato di voler leggere le carte del caso Gregoretti prima di decidere se Matteo Salvini debba essere mandato a giudizio o meno: «Sono un avvocato - ha evidenziato - e voglio esaminare la documentazione, cosa che allo stato non è ancora possibile fare. Poi prenderò una decisione». di Salvatore Dama  Nel video di Agenzia Vista / Alexander Jakhnagiev, Di Maio, i falicitatori M5s e "la felicità degli italiani"

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