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Stefano Parisi, l'intervista a Libero: "Così Zingaretti e i grillini hanno ridotto il Lazio a terzo mondo"

Dalla rottura col centrodestra in vista delle politiche a candidato governatore del Lazio per lo stesso centrodestra. Il suo nome, come un jolly, è spuntato all'ultimo dopo una convulsa mediazione. Lui è Stefano Parisi, leader e fondatore di Energie per l'Italia, che è venuto a trovarci in redazione. Nel colloquio con Pietro Senaldi si parte proprio da quello, dall'alchimia per la quale da escluso si è trovato candidato di peso, in corsa contro il piddino Nicola Zingaretti e la grillina Roberta Lombardi. Cosa è successo? «Qualcuno non voleva Energie per l'Italia nel centrodestra. Ma dopo pochi giorni ci ha ripensato, chiedendomi di correre in Lazio. Credo sia più importante far vincere il centrodestra in regione che farlo perdere in tutta Italia, dove non servono tanti cespugli e piccoli partiti», commenta. UN MESE DI TEMPO E Lazio sia, dunque. Anche se l'ex candidato sindaco di Milano, sconfitto per un pungo di voti da Beppe Sala, era più semplice immaginarselo al Pirellone, soprattutto dopo il vuoto lasciato dal passo indietro di Roberto Maroni. «Ma no - si schermisce -, c'è Fontana che al Nord è molto più bravo di me. Io sono romano». La sfida, ora, è di quelle toste: Zingaretti è avanti nei sondaggi e, soprattutto, dopo le lotte intestine per scegliere l'uomo su cui puntare, a Parisi è rimasto meno di un mese di campagna elettorale. «L'election day può favorirmi. È evidente che la spinta del voto nazionale possa aiutarmi, la vittoria andrà al centrodestra». Pronostico? «Vinciamo sicuramente. Non gliel'hanno detto?». La ricetta per scalare la Pisana è semplice: «Serietà, competenza e determinazione nel prendere decisioni. Per risolvere l'emergenza rifiuti, per esempio, riattivando i siti esistenti. Creando infrastrutture, quelle che Zingaretti, in pieno stile grillino, ha tagliato fuori da ogni progetto nel patto sottoscritto con Liberi e Uguali. E rivoluzionando la sanità: per il Lazio voglio esportare il modello lombardo». L'attacco al candidato del centrosinistra e a Virginia Raggi, sindaco M5s di Roma, è sferzante: «La situazione in Lazio e a Roma è da terzo mondo. Hanno fatto disastri ovunque». Ci sarebbe poi anche un altro sfidante, Sergio Pirozzi, il sindaco di Amatrice che tira dritto e corre da solo. La preoccupa? «Gli elettori sceglieranno chi può governare - taglia corto -. Affidargli un assessorato? Ero molto disposto prima delle presentazione delle liste. Oggi non più: ho letto che invita addirittura a votare Zingaretti. Tutti gli hanno offerto qualcosa, ma non io». UN SALTO CULTURALE L'ipotesi di un Lazio autonomo, aggiunge, «la vedo bene, anche se abbiamo un debito enorme e le addizionali Ipef e Irap più alte d'Italia. Tutto da noi è più complicato perché c'è Roma, ovvero il governo nazionale. Per l'autonomia serve un passaggio culturale importante». Sull'immigrazione, Parisi si affranca dalle promesse lombarde di Fontana in tema di espulsioni: «Il presidente di una regione, purtroppo, non può espellere i clandestini. Ma può fare pressione sui sindaci, affinché usino le risorse a loro disposizione, troppo spesso dimenticate per pavidità. La più grave responsabilità dello Stato, infatti, è permettere agli irregolari di restare in Italia per tre anni». di Andrea Tempestini

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