Quel "realismo magico" seppellito nel Ventennio. La mostra a Milano
Dopo le ardite sperimentazioni delle avanguardie storiche, negli anni Venti del Novecento un gruppo di artisti sentì l'esigenza di rifarsi alla tradizione nazionale, prendendo particolare spunto dalla tradizione figurativa della classicità rinascimentale italiana del Trecento e del Quattrocento. Vennero chiamati “realisti magici” perché con la loro pittura proponeva una realtà precisa, curata nei particolari e ben definita nello spazio; la scena è immobile, incantata, immerso in una magica sospensione; i personaggi ritratti vivono una situazione di classicità assorta spesso dall’effetto inquietante. A loro è dedicata la mostra "Realismo Magico" che Nicoletta Orlandi Posti, in questa nuova puntata di ART'è, visita a Palazzo Reale, Milano. Curata da Gabriella Belli e Valerio Terraroli sono esposte le opere di Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Gino Severini, Mario Sironi, Arturo Martini, Antonio Donghi Ubaldo Oppi, Achille Funi a Edita Broglio, Mario Broglio. E poi c'è Cagnaccio di San Pietro: un anarchico, un cane sciolto, un outsider apprezzato e amato più dai colleghi che dalla critica che, in vita, non lo comprese. Alla Biennale del 1928, ove sedeva in commissione Margherita Sarfatti, propose provocatoriamente l’opera "Dopo l’orgia" in cui fustiga la deriva morale del regime (da notare i polsini fregiati del fascio littorio). Ovviamente fu respinta. «Era un movimento antipolitico e questo, in anni di regime», ha puntualizzato la curatrice Gabriella Belli, «si chiama dissenso, tanto che lo stesso Felice Casorati finì in prigione». Catalogo edito da 24OreCultura.