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Partite Iva al minimo storico. Cgia lancia l'allarme: con il Covid persi 302mila autonomi

Nessuno resterà indietro avevano promesso prima Giuseppe Conte e poi Mario Draghi. Qualcuno, però, lo ha fatto. E non si tratta di qualche sfortunato lavoratore rimasto impigliato nelle maglie della burocrazia o casualmente dimenticato dal massiccio armamentario di sostegni messo in campo dal governo durante la pandemia. Purtroppo, si tratta di una intera categoria che, a quanto pare, malgrado le decine e decine di miliardi spesi, non è stata adeguatamente tutelata. Secondo un recente studio della Cgia di Mestre, infatti, dal febbraio 2020 allo scorso agosto a fronte di 89mila posti di lavoro persi tra i dipendenti, sono sparite 302mila Partite Iva. Ma non è solo colpa del Covid. Negli ultimi 17 anni il picco è stato raggiunto nel 2004, con 6,3 milioni di lavoratori indipendenti. Da allora l'emorragia non si è più arrestata. E a gennaio si è raggiunto il livello più basso della serie storica, ovvero 4,9 milioni di partite Iva. Quota che, malgrado una leggera salita durata fino ad aprile, ad agosto è sostanzialmente invariata. Insomma, la pandemia ha semplicemente reso drammatica una situazione che era già difficile in precedenza. A render complicata la vita degli autonomi non ci sono solo le congiunture economiche, il calo dei consumi, la burocrazia, il peso eccessivo delle tasse. Il vero problema è la disattenzione. La disattenzione delle politica che nasce da una visione distorta, e purtroppo consolidata del mercato del lavoro. Dove al centro di riforme, aiuti pubblici e interventi legislativi ci sono sempre i dipendenti e le loro famiglie. Di tanto in tanto qualcuno si ricorda delle partite Iva,  

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