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Vittorio Feltri in carcere per un titolo? "La colpa è del Parlamento": il costituzionalista a Fausto Carioti

Vittorio Feltri rischia di finire in carcere. Questa è la richiesta del Pm di Catania nel processo al fondatore di Libero sotto accusa per il famoso titolo "Patata bollente" riferito all'amministrazione comunale da parte di Virginia Raggi. Fausto Carioti, vice direttore di Libero, intervista a questo proposito il costituzionalista Giovanni Guzzetta e gli chiede della recente pronuncia della Corte Costituzionale che sostiene che non si può mettere un giornalista in carcere per simili cose. "Non c'è solo la sentenza della Corte Costituzionale", puntualizza Guzzetta, "ma una c'è una giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo e una della Corte di Cassazione che sostanzialmente riconosce la possibilità della reclusione per diffamazione a mezzo stampa solo in casi assolutamente estremi ed eccezionali che peraltro per la Corte europea riguardano Paesi a democrazia piuttosto debole e fragile. La Corte Costituzionale dice inoltre che non è obbligatorio: la Carte non impone il carcere e anzi auspica che il legislatore intervenga per ridefinire tutta questa disciplina". Chiede Carioti se in tutto questo ci sono delle responsabilità del Parlamento. Risponde Guzzetta: "Purtroppo sì perché il Parlamento discute da anni, più di una legislatura, del tema. La reclusione per i giornalisti è un atto abbastanza estremo, abnorme perché siamo nel campo dei reati di opinione in cui c'è un difficilissimo bilanciamento tra l'onore e la reputazione delle persone, ma anche il diritto di manifestazione del pensiero e il diritto di cronaca. Ci sono disegni di legge in cui si prospettano sanzioni, e ci devono essere, per i giornalisti che sbagliano ma non sanzioni detentive che sono fuori dalla logica di uno stato di diritto avanzato, moderno". Queste proposte di legge, fa notare il vicedirettore Carioti, sono però ferme. Guzzetta ammette che sì, stanno ferme: "Nessuna di questa è arrivata alla discussione finale e quindi non è mai diventata legge. Purtroppo", conclude il costituzionalista, "il Parlamento spesso tende a dimenticarsi questioni molto importanti e cruciali per la vita democratica e a volte spinge i cittadini a prendere iniziative referendarie".

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