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San Nicolò a Noto: un tempio dell'arte dove il barocco convive con il contemporeneo

Nicoletta Orlandi Posti in questa nuova puntata di ART’è vi porta nella cattedrale di San Nicolò a Noto, un tempio dell’arte dove il barocco convive con il contemporaneo che non si sottrae al confronto con i drammi dell’oggi.
Venticinque anni fa, era il 13 marzo 1996, il gioiello dell’architettura barocca crollò rovinosamente. Un boato, poi tutto giù come un castello di sabbia. Chi accorse sul luogo vide soltanto un pezzo della cupola rimasto in piedi. L’altra parte, insieme alla lanterna, all’intera navata centrale e a quella laterale destra si erano sbriciolate. Nel 2016 il definitivo recupero della cattedrale che stata prima restaurata nella sua parte architettonica e poi, nel 2008, una commissione nominata dall’allora premier Berlusconi e presieduta a Vittorio Sgarbi, ne aveva curato il ripristino delle decorazioni interne. La scelta più significativa, dal punto di vista del restauro, fu quella di riportare la Chiesa non tanto all’ultima definizione figurativa risalente agli anni ’50, quanto a quella precedente che vedeva la Chiesa totalmente bianca, un bianco quasi metafisico nel quale i volumi e le decorazioni barocche, sotto l’effetto della luce, vengono esaltati in un gioco di chiaro-scuro.
Un bianco totale dove spiccano le nuove opere d’arte che sono state realizzate, tra non poche polemiche, dal 2009 al 2016.  C’è l’Assunzione della Madonna e le quattro virtù cardinali realizzate dal maestro Lino Frongia; nella cupola il russo Oleg Supereko ha rappresentato la Pentecoste; nel catino absidale il marchigiano Bruno d’Arcevia ha dipinto l’affresco del Cristo Pantocratore: la figura centrale del Cristo trionfante sulla morte è affiancata alla destra da San Giovanni Battista, il precursore, e alla sinistra dalla Vergine Maria.  Sopra di essi una fiamma con la colomba simbolo dello Spirito Santo e la figura dell’Eterno Padre. Nei riquadri sottostanti, come a partecipare della Gloria del Pantocrator, l’artista marchigiano ha dipinto i dottori della chiesa, con al centro Sant’Agostino e Sant’Ambrogio. Lo stesso Bruno D’Arcevia ha ricevuto l’incarico di affrescare “L’attesa del Giudizio Universale” o “Etimasia” nella volta del presbiterio.  Sono diciassette in tutto, invece, le nuove vetrate di Francesco Mori,  Sulle pareti delle navate laterali sono poste le tele raffiguranti le stazioni della Via Crucis di Roberto Ferri.

Di grande impatto emotivo le installazioni in legno realizzate da Elia Li Gioi utilizzando i resti dei barconi con cui sono arrivati sulle nostre coste i migranti per raccontare il dramma più urgente della Sicilia. I titoli sono: "Migranti a Lampedusa", "Monumento alla solidarietà", "Grido di dolore all'Europa e al Mondo" e dentro la cattedrale di Noto queste opere hanno acquisito la sacralità che meritano affidando la tragedia di quelle persone alla memoria e all'eterno racconto dell'arte. Allievo di Primo Conti, ultimo dei Futuristi, per la prima volta ha portato i relitti dei barconi dei migranti in una cattedrale, sovvertendo le leggi dell'indifferenza.

Le monumentali sculture di Igor Mitoraj, distribuite sui tre piani della scalinata di San Nicolò, resteranno esposte fino ad ottobre.

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