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Imprese piene di lavoro, ma mancano i lavoratori (e le materie prime)

La produzione industriale a giugno è cresciuta dell'1% su base mensile e del 13,9% su base annuale. Il dato non è particolarmente significativo in sè, ma per il fatto che il valore ha ufficialmente superato, seppure solo dello 0,3%, quello registrato nel febbraio 2020, l'ultimo mese prima dell'inizio dell'emergenza pandemica. Che la macchina dell'economia si è rimessa in moto non è un mistero. Anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, nel suo ultimo bollettino ha detto di aspettarsi una forte crescita. Se ordini e fatturato cominciano a risalire, ora quello che manca sono le materie prime e i lavoratori. Sul primo fronte, dopo la forte salita dei prezzi degli ultimi mesi, ci sono imprese che stanno iniziando addirittura a fermare la produzione, mettendo i lavoratori in cig o prolungando le ferie, a causa della carestia di silicio e acciaio. Sul secondo Unioncamere nel suo ultimo report in collaborazione con l'Anpal ci ha spiegato che da qui ad ottobre le imprese sono intenzionate ad assumere circa 1,2 milioni di persone. Si tratta di un dato superiore di circa il 15% a quello rilevato nello stesso periodo del 2019, quando il Covid non c'era. Il problema è che, ancora una volta, c'è una fortissima penuria di personale specializzato. Tra le figure più richieste, come gli artigiani, i lavoratori edili qualificati e gli esperti informatici si arriva a picchi di irreperibilità del 50%. Entrambi i problemi, purtroppo, non si risolvono con uno schioccare di dita. Sulle materie prime bisognerà aspettare che la ripresa sia più omogenea nelle varie parti del mondo e bisogna sperare che gli accordi internazionali sulla riduzione delle emissioni vadano avanti, eliminando il nostro svantaggio competitivo. Sulla mancanza di personale adeguatamente formato bisognava pensarci qualche anno fa, quando invece si è deciso di introdurre il reddito di cittadinanza.

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