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Maurizio Cattelan volta pagina: basta provocazioni ora è il tempo di riflettere

Nicoletta Orlandi Posti in questa nuova puntata di ART’è ha visitato in anteprima la mostra al Pirelli Hangar Bicocca di Milano che segna il ritorno a casa di Maurizio Cattelan. L’esposizione, tenuta top secret fino all’ultimo momento, lascia spiazzati. Chi si aspettava bambini impiccati, pontefici caduti sotto una cattiva stella, dittatori inginocchiati e frutta spiaccicata sui muri rimarrà deluso. «Breath Ghosts Blind» non ha nulla di provocatorio, nulla di dissacrante. È invece una riflessione intima, personale, dell’artista sul senso della vita che in questi tempi appare più che necessaria. Siamo attaccati al suggestivo hub vaccinale allestito dentro l’enorme sala dei Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer generosamente messa a disposizione della Regione dalla Fondazione Pirelli ed è impossibile non pensarci quando si varca la soglia della mostra e il buio rende ciechi. Solo quando gli occhi si abituano all’oscurità si scorge in un angolo della Piazza la prima opera «Breath». Si tratta di una scultura in marmo bianco di Carrara che rappresenta un uomo in posizione fetale e un cane entrambi distesi a terra l’uno di fronte all’altro. Come uno dei “dormienti” di Mimmo Paladino, è una figura solenne, privata di ogni connotazione identitaria, immortalata in quello stato di quiete, di equilibrio, di vicinanza tanto alla vita quanto alla morte. Quell’uomo sta riposando o è spirato? Sta respirando (breath) o ha esalato l’ultimo respiro? La domanda accompagna il visitatore per tutto il percorso della mostra centrando l’obiettivo di Cattelan: quello di suscitare una riflessione sull’ineluttabilità della morte.  Sempre nel buio più totale si entra nella Navata dove solo stando molto attenti ci si accorge delle centinaia di piccioni in tassidermia mimetizzati nell’architettura dell’ex edificio industriale. La loro presenza, che popola travi e anfratti del carroponte, provoca un senso di straniamento e di inquietudine: ci si aspetta che prendano tutti insieme il volo e ci si trovi nell’incubo raccontato da Alfred Hitchcock con «Gli uccelli». L’installazione (Ghosts), che ha un’anticipazione all’ingresso del Pirelli Hangar Bicocca, è in realtà una nuova versione dello storico intervento che l’artista realizzò per due edizioni della Biennale di Venezia (quella del 1997 e quella del 2011), con un altro significato. Allora Cattelan voleva provocatoriamente rendere omaggio ai piccioni, uniche creature che per numero superano i turisti nell’affollare Venezia, adesso li usa come testimoni imperturbabili del caos interiore del visitatore. Osservando dall’alto ogni movimento provocano infatti una sensazione di irrequietezza, un’ansiosa preoccupazione.  Il terzo e ultimo atto della mostra si svela gradualmente nel Cubo. Man mano che ci si avvicina, il monolite nero al centro della sala svela cosa sta intercettando: un aeroplano. Con «Blind» Maurizio Cattelan si appropria di un’immagine divenuta parte integrante del repertorio iconografico collettivo, l’attentato dell’11 settembre 2001 al World Trade Center di New York, e la trasforma in un simbolo della perdita e del dolore condivisi. L’installazione si può guardare solo dal basso verso l’alto e ci si sente sovrastati dalla Storia, quella con cui tutti dobbiamo necessariamente fare i conti.  La mostra si può visitare gratuitamente fino al 20 febbraio. Merita assolutamente di essere vista, perché come dice Vincente Todolì (curatore della mostra insieme a Roberta Tenconi) apre un nuovo capitolo dell’arte di Maurizio Cattelan che potrebbe avere interessanti sviluppi.

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