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Ristori e reddito di cittadinanza a confronto: i sussidi sono una beffa
I ristori sono arrivati in ritardo e hanno coperto solo una piccola parte delle perdite sostenute dagli imprenditori. E questo ormai lo sappiamo. Quello che non si sa, spiega Sandro Iacometti a Liberotv, è che l'Agenzia delle entrate, per combattere i furbetti, ha sottoposto l'erogazione a un rigido protocollo di verifica. In pratica tutte le richieste subiscono controlli preventivi di verifica dei requisiti, sostanzialmente il calo del fatturato provocato dalla pandemia, attraverso l'incrocio con i dati dell'anagrafe tributaria. Giusto, verrebbe da dire. La decisione ha provocato in molti casi rallentamenti e sospensioni delle domande per i soliti intoppi burocratici, ma si tratta di soldi pubblici e non possono essere regalati al primo che passa. Poi, però, pensiamo a quello che è successo sul reddito di cittadinanza. Ricordate quello che si diceva due anni fa quando i grillini annunciavano l'abolizione della povertà? Prima di versare l'assegno, assicuravano dal governo, l'Inps incrocerà i dati con il catasto, il Pra automobilistico, le anagrafi comunali, il fisco, i consolati. Com'è finita lo sappiamo. Il sussidio è stato erogato a cani e porci. E solo le successive indagini della Guardia di finanza, anche a distanza di anni, hanno smascherato alcuni dei truffatori. La sostanza qual è? Che per avere un legittimo indennizzo i ristoratori devono superare puntigliose verifiche. Mentre mafiosi e criminali possono tranquillamente mettersi in tasca un po' di quattrini pubblici senza che nessuno se ne preoccupi.
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La Postina con Zanellato diventa Dotta
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