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Crespi D'Adda, il villaggio operaio del secolo scorso aspetta di risorgere, come un'araba fenice

Crespi D'Adda, vista dall'altro, sembra un plastico del Lego.  Un disegno fatto da un bambino. Con le sue strade parallele, le palazzine in fila, una geometrica figura rassicurante. Ma non è fantasia, Crespi D'Adda, il villaggio operaio per antonomasia è una realtà diventata storia. Reale. Ed è tutto talmente vero da rappresentare la plastica dimostrazione di come una visione possa diventare applicazione pratica. Quella dei Crespi, alla fine dell'800, fu una sorta di folgorazione sulla via della rivoluzione industriale, trasformando un lembo di terra, adagiato accanto all’Adda, in una esperienza umana e lavorativa illuminata. Ovviamente molti penseranno a Ivrea e alla visione di Olivetti, ma lì la concezione era illuminista: la fabbrica costruita attorno all’uomo, per il benessere delle maestranze. A Crespi d'Adda il villaggio operaio è in funzione della fabbrica, dunque una sorta di piccolo regno antico. Siamo pur sempre alla fine dell'800 e il Novecento, il secolo breve, proietta le sue ombre all’orizzonte. La storia del paese alle porte di Bergamo, e a due passi da Milano, inizia con Cristoforo Benigno Crespi, imprenditore tessile di Busto Arsizio. Nel 1878 acquista 85 ettari di terreno dai comuni di Capriate San Gervasio e Canonica d’Adda, allo scopo di costruirvi un villaggio industriale per così dire “privato”, altri, più liberal, direbbero per seguire le sue inclinazioni da industriale illuminato. L’incarico di costruire il paese viene affidato all’architetto Ernesto Pirovano e all’ingegner Pietro Brunati. Occorrono diversi anni per ultimare le pubbliche costruzioni, ma si può affermare che nel 1920, proprio alla morte del potente magnate, tutto era finalmente pronto. A subentrargli c’è il figlio Silvio Benigno Crespi, nato a Milano, che dopo aver superato brillantemente gli studi ed aver girato l’Europa per carpire “esperienze”, soprattutto dagli anglosassoni, decide, a partire dal 1889, di prestare la sua opera nell’azienda di famiglia. E' lui il vero personaggio della storia, la sua l’autorevolezza, e dei suoi discendenti, è ancora notevole. Silvio Crespi, scomparso nel 1944, è stato presidente della Banca Commerciale Italiana, della Breda, dell’A.C.I., Senatore del Regno d’Italia, nonché Presidente di svariate società idroelettriche ed inventore di altrettanti brevetti depositati, tra cui il Thomas Prevost per la mercerizzazione dei tessuti. Ma il villaggio operaio resta il perno di tutto, il luogo dell'anima e del dramma, dove viaggi e miraggi annodano i fili, creando un'unica matassa. Crespi D'Adda, un luogo assolutamente da vistare, era sì un villaggio utopico, ma c’è anche il rovescio, la sua distopia. Il padre-padrone pretendeva che i suoi dipendenti non uscissero mai da quel piccolo paradiso, dove trovavano tutto ciò che serviva: dai bisogni primari a quelli più effimeri, lontano da occhi indiscreti. E tutto ciò, non dimentichiamolo, in un’epoca nella quale la salute non era garantita ed il tasso di analfabetismo era spaventoso. Ma era l'800 non scordiamolo. Quella storia industriale è durata 50 anni. Nel 1930 i Crespi abbandonarono tutto. Problemi economici dovuti alle contingenze politiche e finanziarie generali, compromisero anche il benessere locale goduto fino a quel momento. La società stava cambiando e Silvio Crespi si era molto indebitato e fu costretto a cedere le proprietà alla Banca Commerciale. Oggi il villaggio operaio, perfettamente conservato, come se fosse cristallizzato, è patrimonio dell'Unesco. Meta di turisti e set cinematografici, aspetta di risorgere, come un'araba fenice. Il gruppo Percassi di Bergamo ha acquistato la Fabbrica. L'idea è quella di spostare lì la sede del gruppo. E quello potrebbe essere il capitolo del nuovo millennio del villaggio operaio pensato da Crespi.

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