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Il turismo è il nostro Recovery, non azzoppiamolo con cantieri e regole assurde

Oggi parliamo di vacanze. Eh sì perché va bene la transizione ecologica, va bene la digitalizzazione, la riforma della Pa, le grandi opere. Ma il primo treno che passa per la ripartenza dell'Italia è quello del turismo. La bella stagione è iniziata, le prenotazioni stanno partendo e secondo Unioncamere le imprese da qui a luglio si preparano ad assumere circa 1,3 milioni di lavoratori, soprattutto nel settore dei servizi. Per avere idea di quello che vale il settore vi basti sapere che nel 2020 si sono volatilizzati 28 miliardi di fatturato e un punto e mezzo di pil. Siamo pronti a rimettere in moto la macchina? difficile dirlo. Mario Draghi sembra consapevole della sfida. "E' arrivato il momento di prenotare le vostre vacanze in Italia, non vediamo l'ora di accogliervi di nuovo", ha detto qualche giorno fa come fosse un albergatore di Rimini. Ma non basta un appello, per quanto azzeccato, a far funzionare le cose. Bisogna mettere gli imprenditori in grado di lavorare  e i turisti in grado di divertirsi. Sul primo fronte servono aiuti mirati e meno vincoli. Sul secondo servono regole semplici e chiare. E qui le mosse del governo, tra Green pass, isole covid free, coprifuochi e riaperture a metà, non promettono bene. Poi c'è la viabilità. L'anno scorso la Liguria è stata letteralmente paralizzata dai cantieri per la manutenzione delle strade. E, incredibilmente, sta succedendo di nuovo. Il rischio è che per correre con i lavori del Recovery i blocchi si estendano rapidamente a tutta l'Italia. Sarebbe un disastro, con beffa aggiuntiva: non si è voluto utilizzare il modello Genova per velocizzare gli appalti, ora lo si usa per azzoppare il turismo.   

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