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Che se ne fa Bankitalia di 122 miliardi di lingotti d'oro? Neanche un ciondolo

Altro che Re Mida o Zio Paperone. Nel 1893, quando nacque l'istituto centrale, le tonnellate erano 78. Oggi le riserve auree stipate nei forzieri di Via Nazionale sono arrivate a circa 2500 tonnellate. Si tratta, come ha spiegato il governatore Ignazio Visco illustrando il bilancio del 2020, di un tesoro di ben 122 miliardi di euro, 15 in più del 2019 e il 50% in più rispetto a 10 anni fa. Siamo ricchi? Non proprio. Intanto non si può vendere, perché mettere sul mercato una tale quantità di metallo prezioso farebbe immediatamente crollare il suo prezzo. E poi da quando c'è l'euro sembra che l'oro non sia neanche più nostro. Certo, in base alla legge Bankitalia detiene e gestisce le riserve nazionali, quindi italiane. Ma l'articolo 127 del Trattato dell'Unione europea stabilisce che esse costituiscono parte integrante delle riserve dell'Eurosistema. In altre parole, con tutti quei lingotti non ci possiamo fare neanche un ciondolo. 

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