Giovanni Falcone e la mafia, l'audio inedito: "A Milano pedinate, qui a Palermo si muore"
Palermo, settembre 1989. "Ieri ho avuto una lunga discussione, quasi uno scontro con i colleghi di Milano che si lamentavano perché a Palermo non si potevano fare pedinamenti, non si potevano scoprire cose. Dicevo: c'è una piccolissima differenza. A Milano voi fate i pedinamenti. Qui si muore per queste cose": è Giovanni Falcone che parla, nel settembre del 1989, da Palermo. E' un audio inedito del magistrato, ottenuto da Askanews, di cui pubblichiamo un primo estratto, e le sue parole sono il miglior modo per ricordarlo a 29 anni dall'attentato di Capaci, il 23 maggio 1992, quando sulla strada del ritorno da Roma, il tritolo della mafia fece saltare in aria l'auto blindata e il corteo della scorta, uccidendo Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, e gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
All'inizio di quella estate, 21 giugno 1989, Falcone era scampato ad un attentato, nella villa al mare affittata per le vacanze, all'Addaura. Nel settembre del 1989, è già finita l'esperienza del pool antimafia, poco dopo sarà chiamato a Roma dall'allora ministro di Grazia e Giustizia Claudio Martelli alla direzione della Sezione Affari penali, quando Giovanni Falcone parla ad un gruppo di persone che sanno bene cosa è la mafia. Uomini della polizia giudiziaria che ogni giorno si trovano di fronte ad un omicidio di Cosa nostra, che ogni giorno rischiano in prima linea. Il magistrato incontra periodicamente chi fa le indagini a Palermo, e questa volta il focus della riunione è il nuovo Codice di procedura penale, emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 22 settembre 1988 che sta per entrare in vigore, il 24 ottobre 1989. Falcone spiega come si dovrà far funzionare il nuovo processo per combattere la criminalità organizzata.
Poi va oltre i testi normativi e confida i suoi primi scontri con i colleghi milanesi che non capiscono come si combatte Cosa nostra. Ricorda l'arresto di Michele Greco, il 20 febbraio 1986, con le luci delle case di campagna che si accendono per avvertire il boss. E non ci si deve quindi offendere - sottolinea Falcone - "se il capo della polizia parla di anti-Stato (Vincenzo Parisi, ndr) "o quando Sica (Domenico Sica, Alto commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, un ruolo per cui sembrava scontata la nomina di Falcone ndr) parla di occupazione del territorio, perché è questa la realtà".
E soprattutto Falcone si preoccupa del messaggio che si deve dare: "Perché se ancora noi ingenereremo nell'opinione pubblica la falsa, l'erronea supposizione di una organizzazione strana, o meglio di una non organizzazione, contribuiremo da un lato a non far capire nulla all'opinione pubblica o meglio agli organi centrali a sottovalutare il problema, dall'altro consentiremmo operazioni televisive come la Piovra 4 in cui è tutto un immenso magma di organizzazione veramente tentacolare, incredibile, che fa terrorizzare, che è invincibile". Invece, anche se a Palermo la mafia uccide, non è "un qualcosa al di sopra delle capacità umane e quindi siamo tutti tranquilli", ovvero niente alibi, non è un mostro "che fa terrorizzare", è un'organizzazione criminale, da combattere, ché "la mafia non è invincibile".
Servizio a cura di Serena Sartini, Giovanna Turpini, Andrea Tuttoilmondo
Montaggio Carlo Molinari
Audio esclusivo askanews