Bechis: Così Bankitalia ha distrutto i risparmi dei cittadini
Ci sono colpe gravi della Banca di Italia negli attuali dissesti bancari che hanno colpito prima i quattro istituti oggetto del decreto di risoluzione (Banca Etruria, Banca Marche e le casse di Ferrara e di Chieti) e poi le banche venete. Nel secondo caso per vicende incredibili che stanno venendo alla luce. Lo sceriffo di via Nazionale inviava lì i suoi ispettori che avrebbero dovuto scoprire le magagne e proteggere i risparmiatori. Quelli dicevano poco o nulla e poi mesi dopo si scopriva che venivano assunti dalle stesse banche che avrebbero dovuto controllare nel silenzio assoluto della Banca di Italia. Nel caso Etruria & c l'istituto centrale è stato il vero artefice della distruzione dei risparmi dei cittadini di quelle aree. Come? Tutto parte da un caso di metà novembre: il commissario che Bankitalia aveva mandato a Banca Etruria ha venduto in extremis 284 milioni di euro di crediti in sofferenza al 14,7% del loro valore. Un affarone mai visto: operazioni simili prima e dopo quel giorno sono sempre avvenute intorno al 30% del valore di carico. A beneficiarne è stato un piccolo salottino buono della finanza italiana, quel Credito fondiario che riunisce vip come Piero Gnudi, Lorenzo Bini Smaghi e tanti altri. Loro hanno fatto un affarone, e nello stesso tempo hanno messo nei guai tutti i risparmiatori. Perché un geniale consulente della Banca di Italia ha pensato bene di informare di quella vendita subito la commissione europea, direzione per la concorrenza. Visto il prezzo (14,7%), la Ue ha abbassato la percentuale di svalutazione obbligatoria dei crediti delle quattro banche italiane per cui si stava varando il decreto di risoluzione. In quel momento era superiore al 20%, e sarebbero state salve tutte le obbligazioni subordinate. È stato abbassato, credendo che quel regalo al Credito Fondiario fosse il nuovo riferimento del mercato. Per quel disastro dunque c'è da ringraziare solo la Banca d'Italia. Un colosso che oggi ha perso quasi tutte le sue funzioni, dal governo della moneta alla stessa vigilanza sui grandi gruppi bancari, passati alla Bce. Ma che conserva la stessa struttura elefantiaca di un tempo per sfornare moniti e ricerche che spesso sono doppioni di quelle fatte da altre istituzioni (come i documenti sulla economia locale egregiamente prodotti dalle Camere di commercio). Ha senso tenerla ancora in piedi così? di Franco Bechis