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Iran, perché la rivolta di piazza è la più rischiosa di sempre: cosa succederà in Medio Oriente

In Iran si sta svolgendo una rivolta di popolo, economica più che politica, e per questo destinata a una repressione brutale, forse un bagno di sangue che potrebbe non lasciare indifferente le autorità internazionali e, soprattutto, i nemici di Teheran. Non è come l'Onda verde del 2009, spiega Renzo Guolo su Repubblica, non ci sono partiti pronti a far sponda ai manifestanti. Che sono tanti, ma "soli". "Rischiano la pena di morte", avverte il capo del Tribunale rivoluzionario di Teheran, Musa Ghazanfar-Abadi, riferendosi alla possibile accusa di "guerra contro Dio" per i 450 arrestati in soli tre giorni. Il governo di Rouhani ha parlato di "sobillatori stranieri", da rintracciare tra Usa, Israele e Arabia Saudita nell'eterna lotta tra sciiti, sunniti e rapporti di forza nel Medio Oriente. Un quadro drammatico, perché in gioco non c'è solo Teheran (che per la prima volta ha visto una manifestazione di protesta nascere altrove, nella provincia di Mashad) ma, appunto la stabilità di una regione storicamente incendiata e su cui il presidente americano Donald Trump sta intervenendo come un panzer: prima l'annuncio dello spostamento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, indicata come capitale di Israele (schiaffo ai palestinesi, di cui il regime iraniano è sostenitore e finanziatore) e ora la richiesta di sanzioni proprio contro l'Iran per la repressione dei moti di piazza che ha già provocato oltre 20 vittime. Si capirà nei prossimi giorni se la rivolta iraniana diventerà rivoluzione, come nel 1980 o come nel 2011, con le varie primavere arabe, o se il "sistema" avrà la meglio con la forza sulle decine di migliaia di giovani, ragazze e ragazzi, che chiedono non solo libertà, ma anche più lavoro, più soldi, più dignità.

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