No, non facciamoci distrarre dal clamoroso flop della lista islamica a Monfalcone, che non è stata nemmeno capace di raggranellare un misero 3%. Né tantomeno dagli spettacolini dell’onorevole Aboubakar Soumahoro, personaggio in cerca d’autore e ormai autentico Re Mida al contrario: quello che tocca non diventa oro, ma barzelletta. Tutto questo – con rispetto parlando – è folklore travestito da politica, intrattenimento a tratti grottesco: tutta mercanzia saggiamente respinta dagli elettori.
Occorre invece guardare ben oltre il risultato elettorale: il bel successo del centrodestra, la rotonda affermazione leghista, l’eredità apprezzatissima di Anna Maria Cisint. Se si spinge lo sguardo più in là (e allora si smette di sorridere) resta un caso di autentica invasione, e cioè una piccola città in cui la popolazione straniera (e di religione islamica) ha numeri letteralmente debordanti.
Fate un giro per la graziosa Monfalcone: faticherete a trovare negozi gestiti da italiani. Di più: faticherete a vedere italiani passeggiare per strada. Fate un giro nelle scuole: e scoprirete il contrario dell’integrazione, e cioè classi quasi interamente popolate da bimbi stranieri. Cosa vuoi integrare, se i numeri sono soverchianti, se le culture “entranti” sovrastano quella teoricamente preesistente, se una nuova entità non vuole adattarsi al luogo che ora la ospita, ma oggettivamente lo occupa tutto, lo muta, lo trasforma?
Le domande sono lì davanti a noi, per chiunque abbia il coraggio di non chiudere gli occhi. Quei numeri sono gestibili? Di tutta evidenza, no. Le componenti islamiche sono sempre e tutte pacifiche? La gazzarra che si scatenò dopo il 7 ottobre, a base di urla “Allah Akbar”, avendo il Comune esposto per solidarietà la bandiera di Israele, non lascia presagire granché di buono. Come del resto le parole poco sorvegliate e politicamente cupe indirizzate ieri dall’Ucoii contro la coraggiosa Cisint.
E ancora, squarciando il velo dell’ipocrisia: il caso Monfalcone mostra che il problema non sta solo nell’immigrazione illegale, ma anche – duole constatarlo – in nell’immigrazione legale quando i suoi numeri diventino eccessivi e insostenibili. A quel punto, è oggettivo il doppio pericolo rappresentato da un’invadenza minacciosa delle culture (non certo liberali) che guadagnano terreno e dal senso di accerchiamento e isolamento che è motivatamente avvertito dagli italiani.
Da una miscela del genere non può venire nulla di buono. La destra lo ha compreso, e si è mossa di conseguenza. Al contrario, la sinistra continua a negare, a non vedere, a girare la testa dall’altra parte, a sparacchiare a casaccio accuse di xenofobia (vedrete, accadrà anche per questo articolo) contro chiunque inviti a ragionare, a leggere Houllebecq, a stare in guardia rispetto a un concreto pericolo di tensione e – in prospettiva – di sottomissione.
Ma i nostri progressisti – si sa – tra la dura realtà e una bella narrazione scelgono sempre la seconda opzione. E dunque eccoli a parlare di laicità (ottimo concetto) solo se si tratta di bloccare crocifissi in aula e presepi nelle scuole, e invece a rimanere muti (rimettendo nel cassetto la sbandierata laicità) se si entra osi esce dal ramadan o se c’è da essere “inclusivi”. Sono gli stessi che gridano contro il patriarcato, ma poi sono vittime di un’improvvisa amnesia se il patriarcato è islamico. E’ la sinistra dei sonnambuli, notoriamente destinati ad andare a sbattere.