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Mario Delpini, l'arcivescovo di Milano e l'illusione dell'accoglienza a tutti i costi

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Non siamo (e neppure amiamo) quella tipologia di liberali che vorrebbero spiegare alla Chiesa ciò che essa deve dire o deve fare. E tuttavia non possono non colpire, dopo i cupi fatti del Corvetto, le parole affidate a Repubblica dall’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che - sia detto con grande rispetto- sembrano descrivere letteralmente un altro mondo. Noi abbiamo visto una situazione di assedio contro la polizia, una ribellione esplicita e ormai priva di freni inibitori, un pezzo di città letteralmente messo a ferro e fuoco. Ma per Delpini le cose non stanno così: «La risonanza mediatica finisce per catalizzare il gusto per la catastrofe, piuttosto che l’interpretazione sincera della realtà. Ci vorrebbe una lettura più penetrante e costruttiva». Quanto ai maranza e ai protagonisti del caos (immigrati di prima o di seconda generazione), Delpini si dedica ad attenuare e attutire: «È un malessere che non classificherei in modo superficiale, accostandolo a quello delle banlieue francesi. Invece che procedere per stereotipi, bisognerebbe andarci a parlare con questi ragazzi e con i loro famigliari, ascoltarli, come fanno la Caritas e i servizi sociali pubblici». (...)

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