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Migranti, il diktat delle Ong ai medici italiani: "Non aiutate il governo"

Francesco Storace
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Non passa giorno senza che arrivino picconate contro le politiche di governo sul contrasto all’immigrazione clandestina. Ma la maggioranza tiene duro e va avanti. In particolare sono le Ong ad attaccare e ieri hanno preso di petto, ancora una volta, l’intesa sui migranti in Albania, chiedendo perfino ai medici di non collaborare con il governo. Ma trovano di fronte a sé i partiti di maggioranza indisponibili a farsi intimidire e anzi pronti a reagire ad ogni provocazione.

«Nessuna intenzione di recedere sul progetto Albania», ha detto proprio ieri Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un collegamento col forum di Fondazione Iniziativa Europa svolto a Stresa. Di più. Mantovano ha voluto puntualizzare la situazione rispetto a quello che appare sugli organi di informazione: «Su larga parte dei media le decisioni sul progetto Albania del tribunale di Roma, e anche di qualche altro ufficio giudiziario, penso a Bologna, sono state presentate quali decisioni obbligate a seguito dell’applicazione del Diritto europeo. Ma questa è un’informazione che si avvicina alla categoria fake. Perché», ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, «non c’è nessuna norma, direttiva o regolamento», ha aggiunto, «che legittimi queste decisioni». Sui rimpatri «la Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi a breve, il 4 dicembre: non manca molto tempo e quindi attendiamo l'esito della Cassazione che un mese fa si è pronunciata in senso non del tutto sovrapponibile ai Tribunali di Roma e Bologna». Ottimismo dunque negli uffici di governo.

 

 

 

TOGHE E POLITICA

Ma c’è anche la piazza a reclamare coerenza con i programmi dell’esecutivo: «Crediamo che nel nostro Paese ci debba essere una netta separazione dei poteri dello Stato, purtroppo notiamo con grande stupore come invece una certa sinistra utilizzi la magistratura per fare politica». Così Alessandro Verri capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Milano e il deputato Luca Toccalini: «Le sentenze sui migranti in Albania e il processo a Matteo Salvini sono solo gli ultimi esempi di come a sinistra si utilizzi la magistratura per contrastare gli avversari politici», affermano. «Come giovani», proseguono, «abbiamo la speranza che la politica resti fuori dalle aule dei tribunali e che la magistratura sia imparziale». E questa mattina la Lega sarà alle 11.30 «davanti al Tribunale di Milano per ribadire la nostra posizione».

Risultano invece lontane dalla realtà le posizioni delle Ong. Per esse, «il protocollo Italia-Albania vìola il codice di deontologia medica e i diritti umani e mette a rischio la salute fisica e psicologica delle persone migranti». I firmatari della “denuncia-appello” sono sempre i soliti: Mediterranea Saving Humans, Medici senza frontiere, Emergency, Sos Humanity, Sea Watch, Resqship, Sea-Eye e Sos Mediterranee. Ma stavolta vanno oltre: nel loro appello chiedono a operatori e professionisti della salute di «non rendersi complici del Protocollo e delle sue violazioni».

 

 

 

«Sappiamo per testimonianza diretta e tangibile delle persone che soccorriamo e visitiamo a bordo delle nostre navi», affermano come al solito, «che la maggior parte di queste ha subìto violenze fisiche, abusi, torture, violenza sessuale e che la totalità di esse, per il contesto del paese di origine, per il viaggio attraverso il deserto, la permanenza e la detenzione in Libia o Tunisia, per il viaggio in mare e per tutto ciò che hanno vissuto come dirette vittime o come testimoni, è da considerarsi a rischio di conseguenze anche gravi di salute fisica e mentale, incluso il disturbo post-traumatico da stress».

 

FATTORI DI RISCHIO

Secondo le procedure previste dal protocollo, si affannano a “spiegare” i 14 firmatari dell’appello, a bordo della nave militare Libra e a bordo delle motovedette italiane, «non sussistono le condizioni perché possa essere effettuata una valutazione adeguata dello stato di salute di una persona. Non è presente, infatti, un ambulatorio medico né stanze adibite a tale scopo che garantiscano una adeguata privacy e una opportuna percezione di luogo sicuro, come non sono presenti strumenti in grado di diagnosticare determinate condizioni cliniche e patologie, acute o croniche». Accuse gravissime per bollare il governo del Paese.

 

 

 

Infine, «i luoghi di detenzione amministrativa» - dicono ancora le ong - «rappresentano, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), un fattore di rischio per la salute mentale e fisica, in particolare per la possibile diffusione di malattie infettive e per i bassi standard di presa in carico e cura anche delle malattie non trasmissibili». Insomma, vogliono decidere loro al posto del governo. Inaccettabile. Anche tutto questo dovrebbe essere classificato, in realtà, come un’ingerenza nella sovranità politica dell’Italia, tra l’altro su un progetto che riscuote anche l’interesse delle autorità politiche europee. Ma le Ong – e la sinistra che le spalleggia – non ci sentono da questo orecchio. I migranti sono roba loro e nessuno si deve mettere in mezzo ad autentici affari.

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