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Migranti, i centri in Albania e l'ossessione della sinistra per gli esposti

Salvatore Dama
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Il Protocollo con l’Albania finisce di nuovo sotto la lente della magistratura. Stavolta è la Corte dei Conti che potrebbe aprire un fascicolo di indagine sull’hotspot realizzato dal governo italiano dall’altra parte del mar Adriatico. Il focus è sui costi. E i giudici contabili valuteranno se il piano del governo italiano per contenere l’immigrazione irregolare stia infliggendo un danno erariale alle casse dello Stato.

All’attenzione della Corte ci sono due esposti presentati a fine mese da parlamentari di Italia Viva e Movimento 5 Stelle. La denuncia riguarda i costi sostenuti per il trasferimento di 16 migranti, prima portati in Albania e poi trasferiti in Italia, dal momento che il Tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento poiché provenienti da «Paesi non sicuri».

 

 

 

I costi della struttura sono da mesi oggetto di polemiche da parte dell’opposizione. Ultima in ordine di tempo, quella sulle spese di vitto e alloggio per le Forze di polizia italiane in trasferta. Secondo quanto riferito dal ministro Piantedosi l’esecutivo ha stanziato un budget annuo di 134 milioni di euro, per una spesa complessiva di 670 milioni. Troppo? Per la minoranza sì, perché considera il protocollo una misura «propagandistica» del governo, non utile a gestire e risolvere il problema dell’immigrazione illegale.

Angelo Bonelli dei Verdi parla di «un miliardo sperperato», mentre per Riccardo Magi (+Europa) i centri sono «costosi, disumani e contrari al diritto europeo». I parlamentari della minoranza si dicono pronti a integrare i propri esposti alla magistratura contabile se dovessero ripetersi i fatti delle scorse settimane. Cioè migranti trasferiti in Albania e poi riportati in Italia, per disposizione dei giudici. Giorgia Meloni, invece, è determinata ad andare avanti, anche se l’accordo con il governo di Tirana è finito in una tenaglia politico-giudiziaria. Non c’è solo la decisione del tribunale della Capitale, alla quale l’esecutivo ha risposto approvando un decreto che precisa l’elenco dei “paesi sicuri”. In ballo c’è l’iniziativa del tribunale di Bologna che ha chiesto alla Corte europea di esprimersi sulla definizione di “Paese sicuro” e sulla gerarchia di applicazione delle norme.

 

 

 

Nel frattempo il governo non si ferma ad aspettare l’esito del ricorso. La nave della Marina “Libra” sta raggiungendo in queste ore il Mediterraneo centrale, dove sarà operativa nei prossimi giorni in attesa di indicazioni dall’esecutivo. L’obiettivo è monitorare il flusso di arrivi di migranti per poi accoglierli a bordo e organizzare un nuovo trasferimento nell’hotspot, per quelli che rientrano nelle categorie previste dal protocollo con il governo di Tirana.

 

 

 

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