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Moussa Diarra, l'immigrato di Verona "stava accoltellando il poliziotto"

Alessandro Gonzato
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E ora cosa dirà la sinistra? Le immagini delle telecamere di sorveglianza non lascerebbero dubbi: l’immigrato ucciso da un poliziotto a Verona stava per colpire l’agente con un coltello da cucina. E nello zaino, Moussa Diarra – 26enne maliano – aveva anche un’altra lama, sempre un coltellaccio da cucina. Gli spari d’avvertimento dell’agente della Polfer non sono serviti. L’immigrato gli si è fatto sotto e quando il poliziotto ha premuto nuovamente il grilletto colpendo Moussa al petto – colpo risultato fatale – l’africano sarebbe stato a meno di un metro di distanza.

Il fatto è avvenuto il 20 ottobre poco dopo le 7 del mattino. Un paio d’ore prima il maliano aveva aggredito due agenti della polizia municipale scaraventandone uno a terra. Poi, arrivato in stazione, ha distrutto due vetrine. Quindi la colluttazione con il poliziotto: l’agente (di lunga esperienza) gli ha chiesto i documenti, e Moussa – il nuovo martire dei progressisti – ha risposto col coltello.

 

POVERINO

Verona da due anni è amministrata dal centrosinistra e l’indomani dell’uccisione un assessore della giunta “guidata” dall’ex calciatore Damiano Tommasi, Jacopo Buffolo, se n’è uscito dicendo che «a una richiesta d’aiuto si è risposto coi colpi di pistola». L’immigrato chiedeva aiuto brandendo lame e saltando addosso a chi gli capitava a tiro. Il Buffolo è stato anche tra i promotori di una fiaccolata in onore dell’extracomunitario che andava aiutato, evento a cui hanno partecipato in prima fila alcuni centri sociali. Tra loro gli esponenti del “laboratorio autogestito Paratodos”, frequentato costantemente dal maliano. Questi bravi ragazzi avevano da poco rotto i sigilli di uno stabile che hanno occupato abusivamente per svolgere una loro assemblea. Domenica scorsa, una settimana dopo il caso che ha fatto indignare Pd e compagni, la comunità maliana ha protestato per le vie di Verona gridando «assassini» ai poliziotti che in assetto antisommossa hanno difeso il tribunale dal tentativo di irruzione di un gruppo di violenti. Sono volate bottiglie e un sampietrino ha sfiorato la testa di un giornalista.

Quasi in contemporanea, nel piazzale antistante la stazione, una delegazione della Lega chiedeva all’amministrazione comunale maggiore attenzione sul fronte sicurezza. Il municipio ha risposto che la città è sicura, e fa niente se è in costante salita nell’indice di criminalità e non passa giorno senza episodi da Far west. Per ricordare Moussa il vescovo di Verona, monsignor Domenico Pompili, ha anche celebrato una messa al Tempio Votivo, a pochi metri da dove il poliziotto stava per essere ammazzato.

E però i cittadini stanno con il poliziotto. Le pagine social di giornali e televisioni locali sono subissate di messaggi a sostegno dell’agente della Polfer, indagato per eccesso colposo di legittima difesa ma che da martedì prossimo, in attesa di sviluppi giudiziari, potrà tornare in servizio. L’agente ha voluto mantenere il basso profilo, sicuro della correttezza del proprio operato. Lo stesso atteggiamento tenuto finora dal centinaio di ristoratori che hanno immediatamente attivato una raccolta fondi aperta a tutti per coprire le sue spese legali. In una decina di giorni sono arrivati circa 20mila euro, soldi che – ha sottolineato fin da subito il promotore, Simone Vicentini, titolare di un bar – se non dovessero più servire o servire solo in parte verranno devoluti in beneficenza.

«Tanti pensionati hanno mandato 20 euro», dice Vicentini a Libero, «c’è chi ne ha messi 50 e c’è stata addirittura una persona, di cui però non faccio il nome, che da solo ne ha messi mille. Noi», ha ribadito il promotore, «non vogliono attaccare nessuno e attendiamo l’esito della magistratura, però stiamo dalla parte di chi ogni giorno tutela le nostre attività, i clienti e in generale i cittadini».

 

ACCONTENTATI

A Verona, anche tra gli esponenti di centrosinistra, da giorni si chiede «verità per Moussa». In prima fila c’è sempre quel Buffolo che va a braccetto con l’estrema sinistra. “Je suis Moussa” (“Io sono Moussa”), c’era scritto domenica scorsa in tanti cartelli che anche qualche veronese ha mostrato perla città. Hanno insultato il governo, Meloni, Salvini. “Verità per Moussa”: ecco, pare che la verità sia già stata confermata.

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