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I centri in Albania? Sinistra e vescovi vogliono soltanto l'immigrazione senza regole

Daniele Capezzone
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No, ai vescovi italiani e alla sinistra non vanno bene gli accordi finalizzati ad attivare in Albania i centri di identificazione per i migranti. Per la sinistra ha parlato e straparlato Elly Schlein, che è riuscita a evocare nientemeno che il concetto di “deportazione”. Così: come se le parole non avessero un peso e un senso, come se nell’Italia del 2024 si potessero scagliare allegramente contro gli avversari accuse di nazismo. Ma non ha scherzato – purtroppo – nemmeno monsignor Gian Carlo Perego, che guida la fondazione Migrantes ed è il presidente della commissione della Cei sui temi dell’immigrazione. Anche lui si è affidato al repertorio polemico più grossolano e prevedibile: «Dai muri alle prigioni a cielo aperto» e poi ancora i «lager», una «pagina triste della nostra democrazia», fino a un attacco ad alzo zero contro Ursula von der Leyen, colpevole di aver avallato l’operazione Italia-Albania. Già quest’ultimo argomento appare francamente scombiccherato: per anni, i cantori dell’accoglienza avevano raccomandato un’intesa europea sui temi dell’immigrazione (ora è chiaro: nella speranza che quell’intesa non arrivasse mai). Ora che un qualche accordo c’è e che perfino personalità della sinistra, dentro e fuori l’Ue, da Scholz a Starmer, si dichiarano interessati allo schema Meloni-Rama, e quindi alla possibilità di realizzare in paesi terzi l’esame delle domande di asilo, non va più bene nemmeno ciò che ha ottenuto una sorta di bollino europeo. Peggio ancora: pure chi è solitamente eurolirico, e che per anni ha intonato inni ad ogni sussurro della von der Leyen, si è improvvisamente messo a trattare la tedesca come se fosse una pericolosa estremista, una da cui tenersi alla larga.

DISSUASIONE
La triste verità – vale per la Cei e per il grosso della sinistra – è che alcuni non sembrano volere nessuna forma di dissuasione rispetto all’immigrazione clandestina. “Dissuasione” è infatti la parola chiave, il cuore e il senso stesso delle politiche che sono razionalmente praticabili – da una destra intelligente o da una sinistra intelligente – per evitare che un paese venga travolto dall’emergenza migratoria. Un tentativo di dissuasione – da sinistra – lo fece un uomo del Pd, Marco Minniti, chiamato di prepotenza al Viminale dopo il disastro dell’orribile triennio 2014-15-16, con 500mila sbarchi registrati in tre anni. E Minniti tentò di chiudere i rubinetti, anche con una certa efficacia, attraverso accordi con i paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, Libia in testa. Risultato? La galassia dell’accoglienza, anziché portarlo in processione come un eroe, lo ha lapidato e politicamente disconosciuto. Un tentativo di dissuasione – da destra – lo ha poi realizzato, con robustezza ancora maggiore, Matteo Salvini nella sua stagione da ministro degli Interni, attraverso la strategia dei decreti sicurezza e un chiaro messaggio rivolto agli scafisti e ai professionisti dell’accoglienza: porti chiusi. Risultato? Pd, Cinquestelle e pure i renziani lo hanno mandato a processo: unico caso al mondo di un ministro trascinato davanti a un tribunale per decisioni politiche pienamente assunte nell’esercizio delle sue funzioni. Arrivando ai giorni nostri, un terzo e un quarto tentativo di dissuasione sono stati quelli (negoziati da Meloni con von der Leyen) per un verso rispetto alla Tunisia e per altro verso attraverso gli accordi per i centri in Albania. Ma pure in questi due casi sono partiti o sono in via di preparazione siluri di tutti i tipi: politici, mediatici e perfino giudiziari.

 

 

NESSUN PALETTO
E allora diciamolo: da certe parti non si vuole alcuna dissuasione. Situazione curiosa: a sinistra si punta a limitare qualunque attività umana (perfino il turismo!) tranne l’immigrazione, rispetto alla quale non c’è mai un paletto, un limite, un numero massimo, un’asticella da non superare. Qua e là si arriva al punto di comicità involontaria di affermare la praticabilità di accordi solo con i paesi africani che non pongano problemi di democrazia e di diritti umani. Quali paesi, dunque, di grazia? Sarebbe più onesto dire semplicemente che la sinistra e alcuni settori del clero italiano quegli accordi non li vogliono, come non vogliono alcun limite all’accoglienza, né confini europei chiusi o comunque protetti. Quei confini alcuni li vorrebbero aperti, spalancati, inesistenti. C’è un piccolo “dettaglio”: la stragrande maggioranza degli elettori non la pensa così. Che facciamo? Questi italiani (non solo di destra, peraltro) li consideriamo tutti alla stregua di pericolosi fascisti? Anzi, nazisti pronti alle attività di “deportazione”? Suvvia. “Quos Deus perdere vult, dementat prius”, recita un antico adagio. A quelli che il buon Dio vuole perdere, prima toglie il senno. E il dibattito in corso fa temere che la deriva sia proprio questa.

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