Albania, Stampa e Repubblica attaccano: "Deportazione", "Solo 16 migranti", ma vanno nel pallone
La nave della marina militare italiana Libra è partita dalla Sicilia per approdare a Schengjin (in Albania) con l'obiettivo di trasferire alcuni migranti nei celeberrimi Cpr. A bordo dell'imbarcazione però non ci sono migliaia di persone, bensì "solo" 16 clandestini, divisi tra 10 egiziani e sei bengalesi. Ma, nonostante il numero esiguo di trasferimenti, la Stampa dedica ampio spazio alle dichiarazioni di Elly Schlein. "Lo sperpero di quasi un miliardo di euro in un accordo di deportazione di migranti in Albania - ha tuonato la segretaria del Pd -. Si potevano usare quelle risorse per accorciare le liste di attesa - ha poi aggiunto - o per assumere medici e infermieri".
Ora, parlare addirittura di "deportazione" a fronte del trasferimento di appena 16 migranti appare quanto meno una esagerazione. Soprattutto se confrontato con il titolo in prima di Repubblica che sfotte Giorgia Meloni per i numeri esigui della prima traversata verso le coste albanesi. "La prima nave della marina militare salpata per portare i migranti fino in Albania è partita con 16 persone a bordo - si legge nel quotidiano diretto da Mario Orfeo -. Due giorni di viaggio per trasferire fuori dall'Italia 10 egiziani e sei bengalesi che in barconi di fortuna avevano lasciato le coste libiche di Sabrata e Zuara e si sono ritrovati a occupare gli 80 metri della Libra, capace di caricare da sola - conclude l'articolo - fino a 80 marinai e circa 200 passeggeri".
È curioso osservare che i due tra i principali quotidiani progressisti leggano il primo viaggio della Libra in Albania con due lenti in apparenza così diverse. Il primo - la Stampa - paventa addirittura la deportazione di esseri umani in un Paese straniero. Il secondo - Repubblica - titola con sarcasmo "La nave dei 16 migranti" per mettere in luce il presunto fallimento della politica migratoria del governo. Una evidente contraddizione, figlia - forse - della volontà di attaccare sempre e comunque il presidente del Consiglio: che fallisca o che riesca nel suo intento.