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Migranti, l'ong tedesca in Albania: Mission Lifline, via al boicottaggio anti-Italia

Michele Zaccardi
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Parte oggi l’operazione “Albania”. Alcuni attivisti della ong tedesca Mission Lifeline si recheranno nel Paese con l’obiettivo di verificare le condizioni di uno dei due centri per migranti che l’Italia sta realizzando in base agli accordi siglati con Tirana. Come anticipato da Libero, la missione durerà una settimana. Tempo che servirà alla delegazione dell’organizzazione con sede a Dresda a raccogliere materiali e informazioni sulla situazione nel Paese da giornalisti, attivisti locali e ong.

A preoccupare, si legge in un messaggio inviato da un membro della Mission Lifeline, Martin Kunze a un’altra attivista, «i potenziali problemi relativi ai diritti umani che possono scaturire da questo accordo». «Insieme ad altre numerose Ong Sar (Ricerca e soccorso, ndr), incluse Sea-Watch, Sos Humanity, ResqS» scrive Kunze, «siamo profondamente preoccupati del recente accordo migratorio tra Italia e Albania, in particolare la costituzione di un campo di deportazione in Albania».

 

 

 

Il riferimento è appunto all’intesa siglata lo scorso 7 novembre dal premier Giorgia Meloni e dal suo omologo albanese Edi Rama, in base alla quale il governo si impegna nella costruzione di due strutture, a Gjader e a Shengjin. Nel mirino di Mission Lifeline c’è in particolare il Cpr (centro di permanenza e rimpatrio) in via di costruzione a Gjader, ribattezzato da Kunze nel messaggio «campo di deportazione». Il protocollo prevede ogni anno nel Paese dei Balcani l’arrivo di 36mila migranti recuperati dalle navi italiane. I lavori sono iniziati in primavera e dopo qualche ritardo, l’operazione sarebbe pronta a partire.

I centri dovrebbero essere in grado di accogliere circa 3mila migranti al mese. L’obiettivo della missione della ong in Albania, spiega il messaggio, «è di connetterci con comunità locali, attivisti, ong e giornalisti che possano fornirci maggiori informazioni e approfondimenti». Insomma, sembra proprio che lo scopo sia quello di boicottare il centro di Gjader.

D’altra parte Mission Lifeline non è nuova alle cronache italiane. Sotto il comando di Claus-Peter Reisch, alla fine dell’agosto del 2019 la nave Eleonore di proprietà della ong tedesca salpa alla volta delle coste libiche, dove si trova quando accoglie a bordo 104 migranti da un gommone. Rimasta in mare diversi giorni per il diniego allo sbarco opposto da Malta e Italia, l’imbarcazione alla fine riesce ad attraccare al porto di Pozzallo, dove viene confiscata dalla polizia. Pochi mesi dopo, nel gennaio 2020, è lo stesso Reisch a farsi da parte, denunciando l’eccessivo radicalismo politico della ong.

 

 

 

«Non mi piace la loro agitazione politica» spiega al settimanale tedesco Die Zeit. «Non posso essere d'accordo con affermazioni come quella secondo cui il cancelliere austriaco Sebastian Kurz è un piccolo Hitler» prosegue Reisch, che ritiene certe posizioni della ong «troppo radicali». Soprattutto perché, precisa, «per me si tratta di salvataggio in mare, non di agitazione politica. Anche se il salvataggio in mare nel Mediterraneo ora ha una componente politica».

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