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Migranti, se Amnesty boccia anche i Cpr che non sono ancora aperti

Daniele Dell'Orco
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Una sensazione piuttosto ricorrente, bisogna dirlo con onestà, è che i report delle organizzazioni umanitarie vengano un po’ piegati in base alle narrazioni di comodo. I lavori di Amnesty International, ad esempio, vengono elevati solo quando supportano le tesi che piacciono. Della serie: «Lo dice pure Amnesty». I russi ne dicono peste e corna, tranne quando l’Ong condanna l’esercito ucraino che metterebbe a repentaglio i civili con la propria condotta. Da Kiev viene osannata per i ritratti che inchiodano Mosca, ma viene tacciata di filo-putinismo se critica gli ucraini. Stesso dicasi per il conflitto tra Israele e Hamas, e per un’infinità di altre aree di crisi. Sempre per dovere di onestà, però, bisogna ammettere che è vero anche il contrario. E cioè che Amnesty, di tanto in tanto, non manca di confezionare dei report in base ad un preciso obiettivo politico.

Nelle scorse ore, ad esempio, la Ong si è scagliata contro il sistema di detenzione amministrativa dei migranti e richiedenti asilo in Italia, in base a sopralluoghi nei Cpr di Ponte Galeria a Roma e di Pian del Lago a Caltanissetta. Della visita Amnesty sottolinea un uso “eccessivo e sistematico” della formula restrittiva attuata dall’Italia e una ricaduta devastante per la salute dei migranti. Non dev’essere certo un caso che la stilettata arrivi ora che il governo sta riuscendo ad incidere sul cambio di rotta delle politiche migratorie a livello europeo e sta per aprire i centri di accoglienza in Albania, criticatissimi dall’opposizione.

Proprio gli hotspot di Shengjin e Gjader vengono menzionati nel report ovviamente in chiave critica. Ma c’è un problema: non sono ancora aperti. Che il taglio del nastro di Shengjin sia in programma per il primo agosto per Amnesty conta il giusto. Il teorema che propone, difatti, è basato su una sorta di presunzione di colpevolezza da parte dell’Italia. Ed è il seguente: le condizioni all’interno dei centri esistenti non rispettano gli standard internazionali, pertanto, non li rispetteranno nemmeno quelli in fieri. Amnesty, a dirla tutta, si è scagliata contro l’accordo tra Roma e Tirana fin da subito. Avendo già battezzato l’iniziativa, e avendo in corso d’opera già bollato come disumana una struttura ancora chiusa, è evidente che seppure l’Italia decidesse di trasformarla in un resort a 5 stelle, Amnesty non mancherebbe comunque di fare un viaggio in Albania e dipingere i centri come le nuove Guantanamo.

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